Oliviero Toscani, nato a Milano il 28 febbraio 1942, ci ha lasciati oggi, portando con sé un'eredità straordinaria fatta di immagini potenti e provocatorie. Figlio d'arte, crebbe in un ambiente permeato di fotogiornalismo grazie a suo padre Fedele, storico fotoreporter del Corriere della Sera. Fu proprio su quel quotidiano che un giovanissimo Oliviero, appena quattordicenne, pubblicò la sua prima fotografia: l'intenso volto di Rachele Mussolini a Predappio, durante la tumulazione del Duce, catturato con un'empatia e una maturità già sorprendenti.
Dopo essersi diplomato in fotografia alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, iniziò la sua carriera pubblicitaria negli anni Sessanta, firmando una campagna per il cornetto Algida. Da quel momento, il suo talento inconfondibile lo portò a collaborare con riviste come Elle, Vogue e Harper's Bazaar e con marchi iconici quali Valentino, Chanel e Fiorucci. Tuttavia, Toscani non si accontentò mai di seguire i canoni estetici del momento: il suo lavoro cercava sempre di scuotere le coscienze, affrontando tematiche scomode e urticanti.
Le campagne che fecero storia
La svolta avvenne nel 1982, quando iniziò la collaborazione con Benetton. Per quasi due decenni, le sue campagne pubblicitarie ridefinirono il concetto stesso di marketing, trasformandolo in un mezzo per discutere di razzismo, AIDS, pena di morte, omofobia e mafia. Lavori come la celebre immagine di un neonato ancora ricoperto di sangue o il bacio tra un prete e una suora diventarono simboli di un’arte che mirava a provocare e far riflettere. Il sodalizio con Benetton si interruppe bruscamente nel 2000 a causa di una controversa campagna sui condannati alla sedia elettrica nel Missouri, ma riprese brevemente nel 2018, prima di terminare nuovamente nel 2020.
Tra le sue opere più memorabili, la campagna Nolita del 2007 contro l'anoressia nervosa, che presentava il corpo scheletrico di Isabelle Caro. L'immagine scioccante divenne un manifesto del dibattito sull'industria della moda e i suoi modelli estetici irraggiungibili, ma sollevò anche critiche e polemiche. Toscani difese sempre il suo lavoro con una fermezza disarmante: "La realtà è dura, e le immagini devono esserlo altrettanto".
Oltre la fotografia
La carriera di Toscani non si fermò alla pubblicità. Fondò nel 2004 "La Sterpaia", una factory creativa nel Parco di San Rossore (Pisa), dove giovani talenti esploravano i linguaggi visivi contemporanei. Fu anche autore di programmi radiofonici come Non sono Obiettivo e Fatto in Italia, condotti insieme a Nicolas Ballario.
Parallelamente, Toscani non mancò di impegnarsi politicamente e socialmente. Nel 1996 si candidò con la Lista Marco Pannella, e dal 2008 al 2010 fu assessore alla creatività del comune di Salemi, lavorando con Vittorio Sgarbi. La sua presidenza onoraria dell’associazione "Nessuno tocchi Caino", che si batte contro la pena di morte, rifletteva il suo impegno per i diritti umani.
Provocatore e Visionario
Toscani non temeva di esprimere opinioni controverse, che spesso lo portarono in tribunale. Dai vilipendi alla religione alle accuse di diffamazione contro politici, affrontò ogni battaglia con il sorriso di chi si sente libero e in pace con se stesso. "Non ho mai avuto padroni", amava ripetere, rivendicando una carriera costruita sull'indipendenza e sulla creatività pura.
Un’eredità impossibile da dimenticare
Con una carriera lunga sessant'anni, Toscani ha immortalato icone come John Lennon, Andy Warhol, Muhammad Ali, Lou Reed, Claudia Schiffer e Monica Bellucci. Ogni scatto portava con sé una storia, una denuncia, una domanda. Anche negli ultimi anni, segnati dalla malattia, Toscani non smise di essere se stesso: "Ho vissuto troppo e troppo bene", diceva con autoironia.
Oliviero Toscani lascia un vuoto profondo nel mondo della fotografia e dell'arte visiva, ma soprattutto una lezione immortale: l'arte non deve mai temere di dire la verità, anche quando fa male.