Processo “Welfare”, fissata davanti alla V sezione della Corte di Cassazione il ricorso per il medico Francesco Caracciolo, difeso dall’avvocato Alberico Villani. Il ricorso sarà discusso il 20 dicembre. In appello la pena fu già ridotta da 6 anni inflitti in primo grado a 4 anni di reclusione (di cui tre già condonati con l’indulto del 2006). Dunque la condanna residua è di un anno di reclusione, pena sospesa. Decaduta l’accusa di peculato.
Dopo la sentenza di appello, emessa nel maggio del 2021, che aveva stabilito nei confronti dell’imputato una riduzione di pena dai 6 anni inflitti in primo grado a 4 anni di reclusione (di cui tre già condonati con l’indulto del 2006), l’avvocato Alberico Villani aveva provveduto ad impugnare il provvedimento davanti alla Suprema Corte di Cassazione. Ricorso, teso a dimostrare la totale inconsistenza di tutte le accuse mosse nei confronti del medico in servizio presso il nosocomio di Contrada Amoretta.
Processo Welfare, le accuse formulate dalla Procura
Il dottore Caracciolo, ad avviso della pubblica accusa, avrebbe gestito il reparto di chirurgia generale dell’ospedale “San Giuseppe Moscati” come una clinica privata. Accuse che avevano portato il tribunale di Avellino, in primo grado, ad emettere una condanna a sei anni di reclusione e anche cinque anni di interdizione dai pubblici uffici sia al dottore Francesco Caracciolo ex primario del reparto di Chirurgia Generale, sia al dottore Carlo Iannace già coordinatore del centro multidisciplinare dell’Ospedale Moscati di Avellino nonché consigliere regionale eletto nella lista “De Luca Presidente” rimosso, successivamente anche dalla carica per effetto della legge Severino.
Per quest’ultimo, difeso dagli avvocati Quirino Iorio e Carlo Stravino, la Corte di Cassazione già si è pronunciata, annullando la sentenza di secondo grado con rinvio degli atti alla Corte di Appello di Napoli per un nuovo giudizio.
Processo Welfare, le indagini della Guardia di Finanza
L’indagine della Guardia di Finanza fu avviata nel 2006 dopo la denuncia di un aiuto primario, oggi in pensione, che aveva segnalato presunte irregolarità all’interno del reparto nel quale si svolgevano operazioni estetiche fatte passare per interventi su patologie tumorali e dunque urgenti al fine di scalare le lunghe liste di attesa.
Gli inquirenti analizzarono migliaia di cartelle cliniche evidenziando l’esecuzione di molti interventi chirurgici - privi dei requisiti - a spese nel servizio sanitario nazionale. Secondo l’accusa, sarebbero state falsificate diverse cartelle cliniche inerenti ad interventi effettuati nell’Azienda ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino.