La dose di aspirina in prevenzione secondaria: decisiva per i pazienti diabetici

L’efficacia nella riduzione della mortalità cardiovascolare in pazienti a rischio è stata stabilita

la dose di aspirina in prevenzione secondaria decisiva per i pazienti diabetici

Più del 30% dei pazienti diabetici di tipo 2 presenta una patologia cardiovascolare.

Avellino.  

La prevenzione secondaria è rappresentata dall’insieme di precauzioni che vengono messe in atto dopo un evento morboso onde evitare che lo stesso si ripeta.

Più del 30% dei pazienti diabetici di tipo 2 presenta una patologia cardiovascolare. L’associazione di un’iperglicemia e di una patologia cardiovascolare espone al rischio di morte prematura e di recidiva di eventi cardiovascolari.

Per limitare questi rischi sono state sviluppate in questi ultimi anni delle strategie terapeutiche che prevedono, oltre un maggiore equilibrio glicemico, un controllo ottimale della pressione arteriosa e della dislipidemia oltre l’impiego di antiaggreganti piastrinici. Recentemente, a completare questa prevenzione, vengono impiegati gli analoghi dei recettori del GLP-1 e gli inibitori del SGLT-2. Se il ruolo dell’aspirina in prevenzione primaria è ancora oggetto di dibattito, l’efficacia della stessa nella riduzione della morbidità e della mortalità cardiovascolare in pazienti che già hanno sviluppato un evento è stata chiaramente stabilita.

Ma nel quadro della prevenzione secondaria esiste ancora un dibattito che riguarda la dose di aspirina da impiegare dato il rischio emorragico comunque possibile legato all’uso del farmaco. In questa ottica è stato realizzato lo studio “Aspirin Dosing: A Patient-Centric Trial Assessing Benefits and Long-Term Effectiveness (ADAPTABLE)”. Si tratta di uno studio randomizzato che ha incluso più di 15.000 pazienti adulti, che paragonava due dosi di aspirina (325 vs 81 mg al giorno) riguardo ai rischi di decesso, di ricovero in ospedale per infarto del miocardio o per accidente cerebrovascolare in pazienti in prevenzione secondaria, diabetici o non.

Inoltre la ricerca analizzava il rischio di ricovero in ospedale per eventi emorragici necessitanti una trasfusione di sangue, principale effetto non desiderabile grave della terapia con aspirina. La conclusione dello studio era che non vi erano differenze riguardo agli eventi cardiovascolari o per il rischio emorragico per le due dosi di aspirina studiate, il che suggerisce che la dose minore è sufficiente per un bilancio favorevole beneficio/rischio.

Recentemente è stato studiato il gruppo di diabetici di tipo 2 presenti nella ricerca “ADAPTABLE” al fine di analizzare il paragone delle due dosi di aspirina specificamente in questa popolazione. Il 39% dei pazienti aveva antecedenti di diabete di tipo 2. Essi erano più giovani del resto della popolazione studiata, ma presentavano più complicazioni del tipo insufficienza cardiaca, insufficienza renale, o antecedenti di complicazioni emorragiche. Lo studio “ADAPTABLE” dimostrava che i pazienti diabetici presentavano un rischio di decesso o di infarto del miocardio o di accidente vascolare cerebrale più alto rispetto ai pazienti non diabetici del 37%. Anche il rischio di ricovero in ospedale per emorragie severe era più severo nei diabetici rispetto ai non diabetici. Infine non vi erano differenze, riguardo alle complicazioni nei due gruppi per le due dosi di aspirina.

In conclusione questi dati confermano che non è necessario utilizzare forti dosi di aspirina in prevenzione secondaria, che sia presente o meno un diabete. A questa conclusione erano già arrivati l’American College of Cardiology / American Heart Association (75-100 mg al giorno di aspirina) e l’American Diabetes Association Standards of Care in Diabetes (75-162 mg al giorno di aspirina).

L'autore è Medico - Endocrinologo