McCain: al di là delle divergenze siamo tutti americani

Il discorso del 2008 con cui il candidato repubblicano accettò la sconfitta

mccain al di la delle divergenze siamo tutti americani

Le elezioni americane e lo strascico che hanno generato con un Trump sempre più arroccato che non accetta la sconfitta, ci stanno mostrando come la democrazia rischia, in questi tempi, di essere depotenziata e incapace di mediare i conflitti sociali. 

Davanti alla polarizzazione della società occidentale che mostra un mondo sempre più diviso, dove gli avversarsi sono stati trasformati in nemici, dove il confronto non esiste perché si è portatori di verità e di odio, dove non ci si riconosce più, pur con differenti vedute, parte di un’unica storia collettiva ci si sente come dispersi.
Oggi più che mai serve riscoprire il senso di appartenza ad un destino comune più grande di quello individuale, più vasto di quello di una parte. Serve che la politica riscopra il dialogo, il confronto, e che punti più ad unire che a dividere. 
É un’opera difficile nei tempi della velocità, della disintermediazione e dell’approssimazione. Nei tempi in cui anche la terra può essere piatta e ogni verità si trasforma in opinione. 

In questo periodo di fragilità enorme per l’idea stessa di democrazia, rileggere il discorso con cui il senatore John McCain, candidato del partito repubblicano, alla Casa Bianca, accettò la sconfitta nella notte del 5 novembre 2008 e si congratulò con il suo avversario, Barack Obama, per la sua elezione a “presidente del paese che entrambi amiamo”, ci mostra cosa deve essere davvero una democrazia matura e moderna, dove le divisioni non devono essere il mezzo per scavare trincee e mantenere il potere, ma devono essere il sistema che spinge tutti a costruire unità.

“Amici miei, siamo arrivati alla fine di un lungo viaggio. Il popolo americano ha parlato e ha parlato chiaramente. Poco fa, ho avuto l'onore di chiamare il senatore Barack Obama per congratularmi con lui per essere stato eletto come nuovo presidente del paese che entrambi amiamo.
In una sfida lunga e difficile come è stata questa campagna elettorale, il solo fatto che Obama abbia vinto basta a guadagnargli il mio rispetto, per la sua abilità e la sua perseveranza. Ma il fatto che vi sia riuscito incoraggiando la speranza di tantissimi milioni di americani che un tempo credevano, sbagliando, di avere poco da perdere o guadagnare, o di avere poca influenza nell'elezione di un presidente degli Stati Uniti è qualcosa che ammiro profondamente e che mi spinge a elogiarlo per esservi riuscito.
Questa è un'elezione storica e io riconosco l'importanza speciale che essa possiede per gli afroamericani, e il particolare orgoglio che devono provare stanotte.
Sono sempre stato convinto che l'America offre opportunità a tutti coloro che hanno la solerzia e la volontà per coglierle. Anche il senatore Obama è convinto di questo. Ma tutti e due siamo consapevoli che, anche se abbiamo fatto molta strada da quelle antiche ingiustizie che un tempo macchiavano la reputazione della nostra nazione e negavano ad alcuni americani i pieni benefici della cittadinanza, la loro memoria ha ancora il potere di fare male.
Un secolo fa, quando il presidente Theodore Roosevelt invitò Booker T. Washington ad andarlo a trovare nella Casa Bianca, a cenare con lui, questo invito fu accolto in molti ambienti come un oltraggio. L'America oggi è lontana mille anni dalla crudele e altezzosa intolleranza di quei tempi. Non c'è prova migliore di questo del fatto che un afroamericano sia stato eletto alla presidenza degli Stati Uniti. Facciamo in modo che ora non vi sia più alcuna ragione per cui un americano possa non tenere in gran conto il fatto di appartenere a questa nazione, la più grande nazione della terra.
Il senatore Obama ha ottenuto un grande risultato per se stesso e per il suo paese. Io lo applaudo per questo e gli porgo le mie sincere condoglianze per il fatto che la sua amata nonna non sia riuscita a vivere per vedere questo giorno, anche se la nostra fede ci assicura che lei riposa in pace alla presenza del suo creatore e che è estremamente orgogliosa del brav'uomo che ha contribuito a crescere.
Io e il senatore Obama abbiamo avuto divergenze e ci siamo confrontati su queste e lui ha prevalso. Indubbiamente, molte di quelle divergenze rimangono. Sono tempi difficili per il nostro paese, e io questa notte mi impegno con lui a fare tutto quanto sarà in mio potere per aiutarlo a guidarci attraverso le tante sfide che dobbiamo affrontare.
Esorto tutti gli americani che mi hanno sostenuto a unirsi a me non soltanto per fargli le congratulazioni per la sua vittoria, ma per offrire al nostro presidente la nostra disponibilità e i nostri sforzi più convinti per trovare dei modi per marciare uniti, per trovare i necessari compromessi, per superare le nostre divergenze e per contribuire a riportare la prosperità, a difendere la nostra sicurezza in un mondo pericoloso e a lasciare ai nostri figli e nipoti un paese più forte, un paese migliore di quello che noi abbiamo ricevuto.
A prescindere dalle nostre divergenze, siamo tutti americani. E vi prego di credermi quando dico che nessun legame ha mai contato per me più di questo.
È naturale, è naturale questa notte provare una certa delusione, ma domani dovremo superarla e lavorare insieme per far ripartire il nostro paese. Abbiamo combattuto, abbiamo combattuto con tutte le nostre forze.
E anche se non ci siamo riusciti, il fallimento è mio, non vostro.
Io sono profondamente grato a tutti voi per il grande onore che mi avete fatto dandomi il vostro appoggio e per tutto quello che avete fatto per me. Vorrei che fosse andata in un altro modo, amici miei. La strada era in salita fin dall'inizio. Ma il vostro sostegno e la vostra amicizia non ha mai vacillato. Non ho parole sufficienti per esprimere quanto sia debitore nei vostri confronti.
Ringrazio in particolare mia moglie, Cindy, i miei figli, la mia cara madre e tutta la mia famiglia e tutti i tanti vecchi e cari amici che mi sono stati al fianco durante tutti i numerosi alti e bassi di questa lunga campagna elettorale. Sono sempre stato un uomo fortunato e lo sono stato soprattutto per l'amore e l'incoraggiamento che mi avete dato.
Sapete, le campagne elettorali spesso sono più difficili per la famiglia di un candidato che per il candidato stesso, e questa campagna non ha fatto eccezione. Tutto ciò che posso offrire come compensazione è il mio amore e la mia gratitudine, e la promessa di anni più tranquilli in futuro.
Sono anche, naturalmente, estremamente grato alla governatrice Sarah Palin, una delle politiche più dotate che abbia mai conosciuto: lei è una nuova e straordinaria voce per il nostro partito, per le riforme e i principi che sono sempre stati la nostra forza più grande. E ringrazio suo marito Todd e i suoi cinque bellissimi bambini, con la loro instancabile dedizione alla nostra causa e il coraggio e l'eleganza che hanno dimostrato nella baraonda di una campagna presidenziale. Possiamo guardare tutti con grande interesse al servizio che Sarah Palin renderà in futuro all'Alaska, al Partito repubblicano e al nostro paese.
A tutti i miei compagni della campagna elettorale , da Rick Davis a Steve Schmidt e Mark Salter, fino all'ultimo dei volontari che si sono battuti con tanto impegno e coraggio mese dopo mese in quella che a tratti è sembrata la campagna elettorale più impegnativa dei tempi moderni, grazie mille. Un'elezione perduta per me non sarà mai più importante del privilegio della vostra fiducia e della vostra amicizia.
Non so che cos'altro avremmo potuto fare per cercare di vincere queste elezioni. Lascerò ad altri il compito di stabilirlo. Qualsiasi candidato commette degli errori e sono sicuro che anch'io ne ho commessi. Ma non passerò nemmeno un istante del futuro che mi attende a rimpiangere quello che sarebbe potuto essere.
Questa campagna è stata e rimarrà il più grande onore della mia vita. E il mio cuore è colmo soltanto di gratitudine per questa esperienza e di gratitudine verso il popolo americano per avermi dato ascolto prima di decidere che fossero il senatore Obama e il mio vecchio amico, il senatore Joe Biden, ad avere l'onore di guidarci per i prossimi quattro anni.
Non sarei un americano degno di questo nome se dovessi rimpiangere un destino che mi ha offerto lo straordinario privilegio di servire questo paese per cinquant'anni. Oggi ero candidato alla carica più alta di questo paese che tanto amo. E questa notte rimango al suo servizio. È una fortuna sufficiente per chiunque e per questo ringrazio il popolo dell'Arizona.
Questa notte, più di ogni altra notte, provo nel mio cuore soltanto amore per questo paese e per tutti i suoi cittadini, sia che abbiano votato per me sia che abbiano votato per il senatore Obama, e auguro buon viaggio all'uomo che è stato il mio avversario e che sarà il mio presidente.
E faccio appello a tutti gli americani, come spesso ho fatto nel corso di questa campagna elettorale, a non abbattersi per le nostre attuali difficoltà ma a credere sempre nella promessa e nella grandezza dell'America, perché qui non esiste nulla che sia inevitabile.
Gli americani non rinunciano mai. Noi non ci arrendiamo mai. Noi non ci nascondiamo mai dalla storia, noi facciamo la storia.
Grazie, che Dio vi benedica, e che Dio benedica l'America. Grazie mille a tutti voi.