Centri migranti, "per l'ispezione Onu non dovevamo mica avere la medaglietta"

Benevento. Processo per 36 persone, in aula l'ex viceprefetto vicario Giuseppe Canale

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Benevento.  

Molti “non ricordo” rispetto ad alcune circostanze risalenti nel tempo, ma anche una serie di risposte sul lavoro svolto in materia di immigrazione dal novembre del 2015 al marzo del 2018, quando era andato via da Benevento, come viceprefetto vicario.

Giuseppe Canale, la cui posizione, dopo un iniziale coinvolgimento, era stata archiviata, è stato ascoltato questa mattina nel processo a carico di trentasei persone tirate in ballo dall'indagine della Digos sulla gestione di alcuni centri per migranti nel Sannio, sul consorzio Maleventum, di cui Paolo Di Donato è ritenuto il deus ex machina. Le accuse, a vario titolo: associazione per delinquere, falso, truffa, concussione, rivelazione di segreti di ufficio.

Ad aprire le danze è stato il pm Patrizia Filomena Rosa, che lo ha innanzitutto sollecitato sul certificato di agibilità di una struttura alla Madonna della Salute (Damasco 12). “Venne da me – l'incontro è del maggio del 2016 – un ufficiale dei vigili urbani che chiese il documento relativo all'immobile, di proprietà di una signora, che faceva capo al gruppo Damasco di Di Donato”. E quando il Pm gli ha domandato se lo stesso Di Donato, seduto al fianco dell'avvocato Pietro Farina (l'altro legale è Vittorio Fucci), fosse in aula, Canale lo ha indicato con un dito.

“Gli consegnai il certificato, successivamente venni a sapere che la firma non era originale, come lo stesso atto”, ha proseguito. Aggiungendo di aver “chiesto più volte il certificato a Damasco, ma inutilmente. La struttura è stata chiusa e gli ospiti trasferiti”. Le domande hanno poi riguardato il ruolo di Felice Panzone, fino al gennaio 2017 funzionario aggregato alla Prefettura di Benevento, anch'egli a giudizio. “Si occupava dell'assegnazione dei migranti già prima del mio arrivo, poi il prefetto Galeone lo sostituì con un altro dipendente per motivi di opportunità, perchè c'era un'indagine in corso. Faceva parte, non sempre, della Commissione, costituita anche da rappresentanti dell'Asl e della Questura, che operava i controlli nei centri. Non mi ha mai segnalato situazioni di particolare criticità”.

Un'affermazione rintuzzata dall'avvocato Alessandro Lazazzera, difensore di Panzone, che ha esibito le comunicazioni, alcune non firmate da Canale, inviate dal suo assistito: una riguardante “l'inidoneità di Damasco 12”.

Incalzato dall'avvocato Farina, il teste ha ricordato che il Consorzio Maleventum aveva vinto la gara d'appalto indetta dalla Prefettura, precisando che, "una volta esaurito il tetto delle presenze fissato per Maleventum, i migranti venivano sistemati nei centri degli altri partecipanti alla gara, e che, in caso di necessità, venivano interessate anche quelle società che pur non avendo concorso, avevano offerto la loro disponibilità all'accoglienza. I posti erano sempre pochi, nel 2016 c'era una emergenza”.

L'attenzione è stata poi puntata “sulle proteste di Galdiero, della Cgil”, e sull'ispezione annunciata con un fax da Fabiana Giuliani, dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite. Una ispezione a sorpresa che, secondo gli inquirenti, tale non sarebbe stata perchè Panzone in una conversazione intercettata avrebbe invitato “ a buttare la cera”. Canale ha puntualizzato che "l'organismo non aveva alcun potere sanzionatorio, e che la sua relazione era stata trasmessa alla Prefettura e al Ministero dell'Interno". Una relazione di relativo valore, per il cui “esito, positivo o negativo che fosse, non dovevamo mica avere la medaglietta”, ha concluso. Prossima udienza il 4 maggio.