di Paola Iandolo
Per Elena Gioia e Giovanni Limata imputati con l’accusa di omicidio volontario del padre di lei, Aldo Gioia arriva il momento della verità. Il pubblico ministero Vincenzo Russo al termine della requisitoria ha chiesto una condanna a 24 anni di carcere a testa per i due imputati. "Sono due persone che hanno commesso un delitto brutale ma son pur sempre due ragazzini", ha aggiunto il Pm. "Non c’è alcun aspetto di psicopatia, non c’è una malattia. Nessun disturbo, ma sono giovanissimi e immaturi che avevano la capacità di intendere e volere - ribadisce Russo -. Debbono essere messi in equivalenza i comportamenti di entrambi".
Il rappresentante della pubblica accusa ha ripercorso le fasi cruciali dell’omicidio avvenuto il 24 aprile del 2021, nella abitazione di Corso Vittorio Emanuele. Aldo Gioia morì poco dopo la mezzanotte nell’ospedale Moscati di Avellino per le gravi ferite inferte. I violenti fendenti sferrati dal Limata, furono una quindicina, ma tre sono stati ritenuti dai periti tali da provocare la morte di Aldo Gioia. La lama penetrò in profondità, l’emorragia fu inarrestabile. La morte avvenne «per lo stato di choc cardiogeno in conseguenza dell’emo-pneumotorace e dell’anemia metaemorragica acuta correlati alla lesione del polmone sinistro, dello stomaco e del diaframma».
La discussione continuamente interrotta
L’imputato Limata presente in aula ha continuamente commentato la discussione del pm, così come la madre del 23enne presente in aula. Il giudice li ha invitati più volte al silenzio, per evitare di allontanarli dall’aula. Assente la figlia della vittima, Elena Gioia che ha rinunciato ad essere tradotta in tribunale.
Sotto la lente d’ingrandimento del pubblico ministero Russo i messaggi tra i due
“Limata non è un killer di professione” mette in evidenza il pm e domanda ad Elena: “devo ammazzare anche tua sorella?” “Si tutti” replica lei. E poi in aula viene letto un messaggio in particolare, quello che Giovanni Limata invia dopo l’omicidio ad un’amica: “sono un mostro, più lo colpivo, più mi piaceva” provava soddisfazione, ha commentato Russo, chissà quale torto avesse subito Elena”. Non c’è alcun aspetto di psicopatia. Non c’è una malattia. Nessun disturbo. Giovanissimi e immaturi che avevano la capacità di intendere e volere. Sono due persone - ha aggiunto il pm - che hanno commesso un delitto brutale ma son pur sempre due ragazzini".
La ricostruzione in aula del pubblico ministero
La posizione dei due giovani apparve sin dal primo momento alquanto chiara. Furono le testimonianze della stessa moglie di Gioia a indirizzare subito le indagini. Il giovane fidanzato della figlia, il 23enne Giovanni Limata, fu raggiunto dai poliziotti nella sua abitazione di Cervinara dove confessò e mostrò il coltello da caccia che aveva portato con sé. Era giunto in città nel pomeriggio e con Elena aveva messaggiato fino all’ora in cui la ragazza gli diede il via libera: «Si è addormentato, scendo e vengo ad aprirti». In sostanza la porta di casa fu aperta da lei.