di Andrea Fantucchio
L'inchiesta sul racket dell'eolico in Alta Irpinia è solo all'inizio. Ieri sono state arrestate cinque persone accusate di aver danneggiato alcuni impianti di energie rinnovabili per chiedere soldi agli imprenditori. Ma ci sarebbero altri complici, attorno ai quali si sta chiudendo il cerchio. I dettagli che emergono dall'ordinanza di applicazione delle misure cautelari firmata dal gip, Vincenzo Landolfi, su richiesta del sostituto procuratore, Fabio Massimo del Mauro. Gli arresti sono stati eseguiti dai carabinieri della compagnia di Sant'Angelo dei Lombardi, agli ordini del comandante Ugo Mancini, che si è occupato dell'indagine.
Nell'ordinanza, in diversi episodi di danneggiamento, vengono citate persone non identificate. Sono gli stessi indagati a far riferimento a dei complici che li avrebbero traditi. Degli «infami». Citati in alcune intercettazioni. Quando i carabinieri avevano appeno eseguito delle perquisizioni domiciliari.
«Vi hanno infamato, hai capito?... e che è che vi ha visto?«
«Che ne so...»
In un'altra intercettazioni si parla nuovamente di "infami".
«Otto anni vogliono dare, ciascuno...».
«Otto anni? E che se ne sono andati di testa?».
«Fratello...»
«E che sono queste cose qua?»
«Non lo so... poi se stavi tu, prende e ci portavano a tutti quanti...»
«E perché ci devono portare, scusa? Io non ho capito compà...»
«Fratello... qualcuno... ci ha infamato sicuro»
«E che deve infamare, di che cosa devono infamare?.... Le chiacchiere, cosa?
«E stanno i nomi nostri... come fanno a fare...»
Intercettazioni a cui si sommano i video che immortalano persone incappucciate che danneggiano alcuni impianti.
Come a Bisaccia dove, nell'agosto del 2017, gli indagati avrebbero appiccato il fuoco a una pala eolica con liquido infiammabile e copertoni. Per poi chiedere i soldi all'azienda proprietaria dell'impianto. Tre mesi prima, sempre nel comune altirpino, era stato danneggiato un trasformatore elettrico con una catena. Una danno che sarebbe servito a far pressione su una società di energie rinnovabili poi presa di mira anche a Lacedonia: il 23 agosto, infatti, un incendio doloso aveva danneggiato una pala eolica.
I carabinieri avevano accertato che gli autori del raid viaggiavano a bordo di una Alfa 156, intestata a uno degli indagati, e una Fiat Stilo di proprietà di un'azienda agricola di Ortonova, utilizzata dai figli di un altro presunto complice. Alle quali si aggiungeva una Ford Fiesta.
Intorno all'attentato del 4 agosto gli inquirenti ipotizzano un interesse di uno degli indagati per gli appalti che riguardavano la sua zona a Bisaccia. Modalità di azione che hanno spinto il procuratore, Rosario Cantelmo, a parlare di «criminalità feroce pronta a tutto per perseguire i propri scopi».