Quei 90 secondi a Laviano portarono via 303 vite. Per il piccolo comune in provincia di Salerno oggi non è un giorno qualunque. Sono passati quarant'anni da quella domenica del 1980 in cui la terra tremò. Il terremoto del 23 novembre colpì le province di Avellino, Salerno e Potenza. La scossa principale, alle 19.34, fu di magnitudo M 6.9. Ci fu una vittima in ogni famiglia di Laviano, e quel minuto e mezzo di terrore cambiò per sempre la storia di questo paese "disastrato" da quel sisma che uccise quasi 3mila persone. Paura, polvere e macerie nei racconti di quei momenti. Oscar Imbriaco, primo cittadino del comune dal 1993, a quei tempi non era lì. Ma nel corso del tempo le testimonianze e le storie raccontate dai cittadini e dai superstiti dell'epoca hanno profondamente segnato la fascia tricolore.
"Ho un ricordo particolare legato alla famiglia Ciottariello, la storia di una famiglia composta da mamma, papà e figlio di appena un mese. Sotto le macerie morirono la madre ed il neonato. Ad oggi, sulla loro lapide, non vi è alcuna immagine del bambino. All'epoca non c'era una grossa distribuzione di mezzi fotografici, e in un mese di vita non ci fu neanche il tempo di scattare una foto a quel bimbo." Racconta il primo cittadino.
Quella tragedia, a distanza di 40 anni, rappresenta una ferita ancora aperta nei cuori dei cittadini di Laviano, che guardano oggi, dopo una lunga ricostruzione, ad una nuova città: "Dopo 40 anni e diversi alti e bassi, il Paese ad aggi è praticamente ricostruito, ma c'è sempre qualcosa da fare, per questo aspettiamo con trepidazione le ultime risorse. La nostra città è oggi un'eccellenza dal punto di vista antisismico. Da Paese di montagna stiamo trasformando Laviano in un paese con attività turistiche." Spiega il sindaco Imbriaco. Oggi, nella giornata del ricordo avrà luogo una manifestazione nel cimitero in ricordo delle vittime. Nel corso della manifestazione sarà anche scoperta una lapide in onore dei tanti volontari che presero parte alle operazioni di soccorso.
I racconti di quei momenti condiscono la memoria storica di ogni comune toccato. A Montecorvino Rovella il terremoto provocò il crollo della Chiesa di San Pietro, in quel momento fortunatamente sgombra di persone per via della decisione del parroco di anticipare la fine della messa per sue esigenze private. «Don Gerardo Senatore - racconta lo storico Nunzio Di Rienzo - anticipò la fine della Messa alle ore 19,30 perché doveva andare ad una festa privata. Con quel gesto si salvarono circa 60 persone oltre i ragazzi che giocavano a pallone davanti alla Chiesa. Dalle macerie, emersero intatte le due statue dei Santi Patroni di Montecorvino Rovella. Miracolo? Per me si!».