IL PIZZINO di Urgo: Un po' di spirito del Nord

La sconfitta di Monza dovrebbe essere di insegnamento per il futuro del Napoli

il pizzino di urgo un po di spirito del nord
Napoli.  

La curiosità per il Napoli che partiva alla volta della ricca provincia monzese era tutta nella versione in cui ci sarebbe apparso. Sarebbe stato quello impacciato e asmatico delle partite casalinghe contro Verona e Salernitana e della prima frazione di Udine - ma quello era "prima" che si entrasse nella storia - oppure quello interlocutorio e un (bel) po' narcisistico e borioso del primo tempo contro la Fiorentina? Chi dei tanti attori non protagonisti - anche loro conquistano l'Oscar - si sarebbe messo in mostra?

Di certo Bartosz Bereszynski, per ammissione pubblica preventiva dello stesso Spalletti, l'enigmatico polacco di proprietà della ex Sampdoria (temo si possa ormai dire così), che aveva fatto una sola comparsa, peraltro ampiamente ingloriosa, nell'uscita degli azzurri dalla Coppa Italia contro la Cremonese. Forse uno dei pochi veri errori del (già compianto) Giuntoli e del suo staff quest'anno (un altro è stata la collocazione infruttuosa di un talento come Gaetano). Altro non era dato sapere, ma ulteriori novità di formazione sarebbero di certo seguite. Si andava, così, a misurare la forza raggiunta nel calcio dal capoluogo brianzolo, accudito dalle prodighe e sagge mani del duo infallibile Berlusconi-Galliani, e governato in campo e fuori con sorprendente passione sportiva e inattesa (alzi la mano chi se lo aspettava) sagacia tattica da quel Raffaele Paladino da Mugnano di Napoli, giovane, elegante, bello e (ora) pure bravo, ex calciatore di buon livello tecnico ma non di grande animus pugnandi, e pure (tra l'altro) ex juventino.

Una formazione quella monzese che tra innesti invernali, astuti e fruttuosi, accorgimenti tattici direttamente operati sul manto erboso e forti spinte motivazionali - non mi si citi la becera battuta attribuita al mitico Silvio sul pullman delle signorine allegre quale premio di una delle tante vittorie - era giunta largamente in anticipo al rintocco finale della salvezza, peraltro (a mia conoscenza) senza essere accompagnata da stucchevoli caroselli di auto per rivalità inesistenti. Si vince e si perde solo per sé stessi e con sé stessi, e quello che ne consegue è niente di più che una tappa del viaggio, per quanto bella e storica, non la sua destinazione finale. Per quella c'è sempre tempo. Il giorno dopo si volta pagina e si ricomincia, con pari lena e voluttà. Ecco, questo vorrei per il mio Napoli di domani, un po' di quello spirito laborioso e ordinario del Nord che duri per sempre.