Era evaso il 7 luglio scorso mentre si trovava ricoverato all'ospedale "Antonio Cardarelli" di Napoli. Il detenuto 30enne, in attesa di primo giudizio, con l'accusa di tentato omicidio, arrestato dopo poco tempo di intense ricerche, è adesso agli arresti domiciliari.
A riferirlo è il sindacato polizia penitenziaria in una nota a forma del segretario generale Aldo Di Giacomo, per il quale dice: “senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria, non possiamo che rilevarne il messaggio di impunità che arriva alle carceri. È una storia che amareggia prima di tutto il personale penitenziario che non ce la fa più ad assolvere ai complessi e sempre più numerosi compiti istituzionali compresi i servizi di accompagnamento e vigilanza dei detenuti in Tribunale o in ospedale e che è la prima linea per far rispettare la legalità. Ma soprattutto - afferma - non è certo un esempio di “giustizia giusta” di
cui sentiamo parlare continuamente, senza sottovalutare che rivolte e violenze, ormai cronaca quotidiana nei penitenziari specie campani, trovano facile alimentazione nelle richieste di riduzione di pena, arresti domiciliari sino a quelle più estreme di indulto e amnistia.
Una vicenda che - aggiunge Di Giacomo - fa il paio con la condanna a 61 anni di carcere, trasformatasi in
una pena scontata di 19 anni, al termine dei quali un boss ex affiliato alla fazione Bidognetti del clan dei Casalesi, appena tornato in libertà ha riorganizzato il gruppo criminale. In proposito sottoscriviamo le parole del procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri: “provvedimenti e riforme di questo Governo hanno indebolito il contrasto alle mafie e anche alla delinquenza comune”. Gli agenti penitenziari si sentono come
quell’ultimo soldato giapponese rimasto a combattere nella giungla nonostante la guerra fosse finita da anni”.