Rapporto dell'Ue, musulmani e razzismo: uno su due ne è vittima

Scoperta: ma la più alta percentuale è stata registrata in Austria (71%) e Germania (68%)

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Secondo l'Ue, le donne, gli uomini e i bambini musulmani sono presi di mira non solo per la loro religione, ma anche per il colore della loro pelle e per il loro background etnico o di immigrati.

Quasi un intervistato musulmano su due (47%) è vittima di razzismo e discriminazione nella vita quotidiana, in netto aumento rispetto al 39% del 2016. Negli ultimi cinque anni prima del sondaggio, la più alta prevalenza di discriminazione razziale è stata sperimentata dagli intervistati musulmani in Austria (71%), Germania (68%) e Finlandia (63%). Al contrario, i tassi più bassi di discriminazione razziale sono stati registrati in Svezia, Spagna, Italia (a pari merito con la Grecia), rispettivamente al 22, 30 e 34%. È quanto emerge dal rapporto 'Essere musulmani in Ue' redatto dall'Agenzia dell'Ue per i diritti fondamentali (Fra).

"Stiamo assistendo a una preoccupante impennata del razzismo e della discriminazione nei confronti dei musulmani in Europa. Questo fenomeno è alimentato dai conflitti in Medio Oriente e aggravato dalla disumanizzante retorica anti-musulmana che vediamo in tutto il continente" è la denuncia della direttrice della Fra, Sirpa Rautio. "Invece di seminare divisioni nelle nostre società, dobbiamo garantire che tutti nell'Ue si sentano al sicuro, inclusi e rispettati, indipendentemente dal colore della pelle, dalla provenienza o dalla religione" ha aggiunto. 

Secondo il rapporto, le donne, gli uomini e i bambini musulmani sono presi di mira non solo per la loro religione, ma anche per il colore della loro pelle e per il loro background etnico o di immigrati. I musulmani subiscono più spesso discriminazioni quando cercano lavoro (39%) o sul posto di lavoro (35%), una percentuale in aumento rispetto al 31% e al 23% del 2016. In Italia il dato è leggermente al di sotto della media, con il 37% che ha riportato discriminazioni nella fase di ricerca di un lavoro e il 22% sul posto di lavoro. Altra categoria esaminata nell'indagine è quella dell'accesso all'alloggio. In questo caso, un terzo degli intervistati - complessivamente il 35%, in Italia il 32% - riferisce di non aver potuto acquistare o affittare una casa per motivi razziali, un dato in aumento rispetto al 22% del 2016. Particolarmente colpite le donne che indossano abiti religiosi, oggetto di più discriminazioni razziali rispetto a quelle che non li indossano, soprattutto quando cercano lavoro (45% rispetto al 31%). La percentuale schizza al 58% quando si tratta di giovani donne (16-24 anni) che indossano abiti religiosi. Il 27% degli intervistati denuncia, inoltre, di aver subito molestie razziali nei cinque anni precedenti l'indagine, la maggior parte di loro anche più di una volta.

Quasi la metà (49%) di coloro che sono stati fermati dalla polizia nell'anno precedente l'indagine, per lo più giovani uomini, riteneva che l'ultimo arresto fosse dovuto a una profilazione razziale. L'indagine si sofferma anche sull'istruzione, evidenziando come gli intervistati musulmani abbiano il triplo delle probabilità di abbandonare la scuola prima del tempo, rispetto alla popolazione generale dell'Ue (30% rispetto al 9,6%). Un dato che quasi va di pari passo con il tasso di povertà: il 31% delle famiglie musulmane intervistate, infatti, fatica ad arrivare a fine mese, rispetto al 19% delle famiglie in generale, mentre la probabilità di vivere in alloggi sovraffollati è doppia (40% contro 17%). La relazione si basa su un'indagine condotta dall'ottobre 2021 all'ottobre 2022 tra gli immigrati e i loro figli in 13 Paesi dell'Ue: Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Svezia.