La presenza di John Elkann alle celebrazioni a San Pietro per l'apertura del Giubileo ha assunto un valore simbolico e strategico. Un gesto di fede, discreto e non ostentato, ma anche un chiaro segnale di vicinanza all'Italia in un momento cruciale per Stellantis, erede dell'ex colosso Fiat. La folla che attendeva Papa Francesco ha accolto con naturalezza la presenza del presidente di uno dei gruppi automobilistici più influenti al mondo, ma dietro quella semplicità si cela una rete complessa di equilibri politici, economici e industriali.
L'accordo raggiunto poco prima della pausa natalizia tra il governo italiano e Stellantis ha garantito che nessuno stabilimento italiano chiuderà nel 2025. Un risultato non trascurabile, ottenuto grazie all'impegno del Ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, che ha mediato con fermezza in una situazione delicatissima. Tuttavia, questa promessa, pur rappresentando una tregua temporanea, non scioglie i nodi strutturali che attanagliano il settore automobilistico italiano.
La premier Giorgia Meloni ha preso in mano il dossier Stellantis, seguendolo personalmente e con grande attenzione. La crisi del comparto automobilistico non è solo una questione industriale, ma anche un problema di tenuta sociale ed economica. L'indotto coinvolge un milione di posti di lavoro e il rischio di una recessione generalizzata è tangibile. La questione cruciale resta la capacità di ripresa delle vendite, che in Francia, grazie a incentivi mirati sull'elettrico, stanno già dando risultati migliori rispetto all'Italia.
Il nodo europeo rappresenta un altro fronte critico. La Commissione Europea ha fissato obiettivi stringenti per la produzione di modelli elettrici, con sanzioni miliardarie per chi non rispetterà i target entro il 2025. Stellantis, attraverso le parole di Jean-Philippe Imparato, CEO di Stellantis Europa, ha chiarito che rispetterà gli obiettivi comunitari, respingendo qualsiasi ipotesi di revisione della scadenza.
La dichiarazione di Imparato, “Io produco quello che vendo”, ha risuonato come un monito sia per il governo italiano che per i lavoratori del settore. Una logica spietata ma economicamente ineccepibile: se il mercato non assorbe i modelli prodotti, le catene di montaggio rallentano o si fermano. E questo è il vero incubo per Giorgia Meloni, che sa bene come la domanda interna sia un elemento cruciale per la sopravvivenza degli stabilimenti italiani.
Ma il problema va oltre le decisioni aziendali o governative. I giovani oggi non percepiscono l'automobile come un bene indispensabile. I costi elevati, la transizione elettrica non ancora completata e la crescente mobilità condivisa stanno trasformando radicalmente il mercato automobilistico.
Il 2024 si annuncia come un anno cruciale. L'audizione di John Elkann alla Camera, prevista tra gennaio e febbraio, sarà un momento chiave per comprendere le reali intenzioni del gruppo Stellantis nei confronti dell'Italia. Nel frattempo, il governo italiano dovrà trovare soluzioni concrete per stimolare la domanda interna e sostenere una filiera industriale che rappresenta uno dei pilastri economici del Paese.
La presenza di Elkann a San Pietro non è stata quindi solo un gesto di fede, ma anche una dichiarazione di responsabilità. La sua figura resta centrale in un equilibrio precario tra politica, industria e mercato globale. Il futuro di Stellantis in Italia dipende da scelte coraggiose, investimenti mirati e, soprattutto, dalla capacità di rispondere a un mercato in costante evoluzione.