Un terremoto ai vertici di Stellantis, il gigante automobilistico nato nel 2021 dalla fusione tra FCA e PSA, segna l’inizio di una fase di trasformazione. Carlos Tavares, il carismatico manager portoghese che aveva guidato con mano ferma il gruppo sin dalla sua nascita, ha rassegnato le dimissioni con effetto immediato, lasciando spazio a un rinnovamento gestionale e strategico.
La decisione, accettata all’unanimità dal consiglio di amministrazione, è stata motivata da "vedute differenti" tra Tavares e il board, come dichiarato da Henri de Castries, senior independent director. Una frattura nella governance che ha spinto l’ormai ex CEO a fare un passo indietro, anticipando la sua uscita prevista per il 2026. A guidare l’interim sarà un nuovo comitato esecutivo, presieduto dal presidente del gruppo, John Elkann, il quale avrà la responsabilità di traghettare l’azienda verso una nuova leadership entro la metà del 2025.
Il bilancio di una leadership controversa
Carlos Tavares lascia dietro di sé un’eredità complessa. Da un lato, il suo contributo è stato fondamentale per la creazione e il consolidamento di Stellantis come quarto gruppo automobilistico al mondo. Ha guidato la fusione tra due colossi storici, rilanciato marchi in difficoltà come Opel e avviato la transizione verso l’elettrificazione e la mobilità sostenibile. Dall’altro, la sua gestione ha sollevato critiche crescenti. In particolare, il rallentamento delle vendite negli Stati Uniti, le tensioni interne tra i manager e le difficoltà produttive in alcuni stabilimenti europei hanno alimentato insoddisfazioni tra sindacati, forze politiche e lavoratori.
Le organizzazioni sindacali italiane, come Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm, hanno immediatamente colto l’occasione per richiedere un cambio di passo. Tra le principali richieste: un piano industriale chiaro, maggiore tutela occupazionale e una rinnovata attenzione agli stabilimenti italiani, spesso penalizzati da scelte strategiche orientate altrove.
Il ruolo del governo e le sfide politiche
Le dimissioni di Tavares non sono passate inosservate nemmeno in ambito politico. John Elkann ha informato personalmente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la premier Giorgia Meloni della decisione, sottolineando l’impegno del gruppo per garantire stabilità durante la transizione. Tuttavia, esponenti di maggioranza e opposizione hanno chiesto chiarimenti sul futuro dell’azienda, mettendo al centro il tema della tutela dell’occupazione e del rilancio produttivo. Da FdI al M5S, passando per il PD e altri partiti, l’invito è unanime: Stellantis deve presentare in Parlamento un piano concreto per affrontare le criticità del settore automobilistico italiano.
Uno sguardo al futuro
Il cambio al vertice rappresenta un momento di discontinuità, ma anche una grande opportunità per Stellantis. Con le sue 14 iconiche marche, tra cui Jeep, Maserati, Peugeot e Fiat, il gruppo è chiamato a rafforzare il proprio ruolo in un mercato globale in rapida trasformazione, dove l’elettrificazione e le tecnologie di guida autonoma sono i principali driver. La sfida per il nuovo management sarà trovare un equilibrio tra innovazione, sostenibilità e salvaguardia delle radici industriali e occupazionali, specialmente in Italia, culla storica di brand simbolo come Fiat e Lancia. Come dichiarato da Elkann: «Garantiremo la puntuale attuazione della strategia nell’interesse di lungo termine di Stellantis e di tutti i suoi stakeholder».
Il cammino per il futuro CEO non sarà semplice, ma rappresenta una chance unica per rinnovare la visione e rafforzare la competitività di un colosso automobilistico che guarda al domani con ambizione e speranza.