Il Papa ricoverato al Gemelli: tutte le malattie dei pontefici

Solo nel Novecento si è preso a parlare più o meno apertamente delle patologie dei singoli papi

il papa ricoverato al gemelli tutte le malattie dei pontefici

Sì, anche i papi stanno male, deperiscono e si ammalano. Ma di cosa? Di tutto: dalla malaria alle meno confessabili malattie veneree. Sono uomini anche loro, la gloria del mondo passa e la sofferenza, con lo scemare degli anni, aumenta. Solo che una volta si tendeva a nascondere, per ragioni anche ovvie, il malanno di un Papa. Bastava che si sentisse anche solo l'odore degli unguenti salvifici che una volta avevano il posto delle odierne medicine e Roma si riempiva di cardinali passati di lì per caso. Arrivare a San Pietro dall'Irlanda o anche solo dall'Austria o dalla Spagna non era cosa immediata, secoli fa. Meglio allora farsi trovare pronti al conclave: il primo che arriva prende il posto. Logico, ripetiamo, che si tenesse la malattia il più possibile riservata. E infatti il suo insorgere, il suo sviluppo, restava sigillato in stanze ancora più segrete del solito. Solo nel Novecento si è preso a parlare più o meno apertamente delle patologie dei singoli papi. Spesso, però, quando proprio non se ne poteva fare a meno.

Tutti ricordano i ricoveri e poi la lunga agonia di Giovanni Paolo II; nessuno ricorda lo spegnersi lento e riservato di Paolo VI. Anche perché era agosto, e lui si trovava a Castel Gandolfo. Di Luciani nessuno si aspettava la fine, che fu improvvisa e solitaria. L'aver la Chiesa fatto un pasticcio comunicativo sulle circostanze del trapasso, con tutte le teorie complottiste che ne conseguirono, insegnò a chi di dovere che una sana, normale verità è spesso la più astuta delle armi di comunicazione di massa. Ma prima non era così, e solo lo studio dei verbali e delle memorie degli archiatri, quei medici spesso ebrei che avevano nelle loro mani la vita di chi li accusava talvolta di deicidio, permette di sapere cosa avvenisse, quando anche il Papa stava male. Pio XII, l'ultimo papa dalle pose ieratiche, aveva un'ernia gastrica diaframmatica. Effetto evidente: un singhiozzo incessante e fastidioso. Soprattutto per lui, che amava parlare le lingue e farsi sentire. Pio IX, ultimo papa re, dopo il ritiro in Vaticano prese a subire attacchi epilettici, e nella Roma democratica (nel senso mazziniano) dell'epoca a saper della sventura qualcuno disse che non era certo novità, avendo egli prima esaltato i liberali e poi calpestato il triumvirato della Repubblica Roma: Saffi, Armellini e Mazzini in persona.

Fa più compassione, o magari un po' di rabbia, il caso di Innocenzo XIII, afflitto da obesità fuori dal comune. I contemporanei ce lo descrivono così: "Essendo il suo corpo estremamente grasso e non volendosi egli confidare, dopo la morte di un suo cameriere, a un altro, per aiutarlo a raccogliere le viscere, che spesso gli cadevano da una rottura, che egli procurò sempre di occultare, la grassezza gli causò un'idropisia, e la rottura un'infiammazione interna, per cui gli venne un'ardente febbre". Era chiaro che non potesse esercitare appieno il suo mandato. Per la prima volta dopo molti secoli (e l'ultima per quasi altrettanti) si pensò a spingerlo alla rinuncia. Morì invece da papa, nel 1727. Morì da papa anche Alessandro VI, il Borgia che mai come nessun altro sarebbe stato il caso di spingere all'abdicazione. Si diceva avesse la sifilide, a causa della vita dissoluta sua e dei suoi scapestrati figlioli. Non se ne è certi, ma il sospetto è duro a morire. Subito dopo di lui salì al Soglio un Della Rovere, Giulio II: costretto a interrompere quasi subito le udienze per via di attacchi ripetuti di gotta. Ma qui due osservazioni, e cioè che il pontefice in questione non si lasciò certo tarpare le ali dal malanno, guidando leghe guerresche e gestendo quella testa calda di Michelangelo alla Sistina. La seconda è che la gotta era, proprio in quegli anni, il flagello di tutte le case aristocratiche italiane. Si pensi ai Medici e al loro Magnifico gottoso.

Sì, ma per Giulio non c'era solo questo. Le cronache bene informate riferiscono intrugli di latte e vermi bevuti come fossero integratori e di interventi chirurgici per sconfiggere la piaga emorroidale. Anche i ricchi, insomma, piangono. E non era nemmeno la prima volta di un cerusico-chirurgo chiamato al capezzale di un Vicario di Cristo. Una cinquantina d'anni prima, infatti, era stato Pio III, papa lucchese, a segnare con questo record il suo effimero pontificato. Intervennero sulla gamba, non si capisce bene per quale motivo perché le testimonianze sono un po' confuse. Pare comunque si trattasse di gotta anche in questo caso. Miglior medicina inventò per sè Paolo IV, il cattivissimo Carafa controriformista. Parmigiano a volontà, per sconfiggere non si sa bene cosa. Non c'era bisogno di una cucchiaiata di zucchero per mandar giù la medicina. Mentre chissà chi aveva suggerito a Clemente VIII il rimedio alla apoplessia. Si metteva sulla testa, proprio così, le budella del castrato, e lì le lasciava sanguinolente e vagamente putrescenti a macerare insieme alla sua esistenza. Non è dato sapere chi gli avesse consigliato cura tanto ributtante. Ci piace pensare si trattasse di uno di quegli archiatri ebrei che ti dovevano curare e poi si sentivano chiamare pure deicidi. Anche queste son soddisfazioni.