Con l’entrata in vigore della fatturazione elettronica, ogni singolo elemento di un fattura deve essera accuratamente pensato e soppesato. Uno di questi è sicuramente la data da fornire sul documento. Questa rappresenta uno dei principali dubbi negli uffici amministrativi italiani, soprattutto quando entra in campo la differenza tra fattura diretta e differita.
In questo articolo cercheremo di capire insieme qual è la differenza tra le due fatture, un concetto molto semplice, che però bisogna conoscere bene per sapere quando vanno comunicate all’agenzia delle entrate ed entro quali termini per evitare problemi di fatture rifiutate o scartate.
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Fatturazione elettronica diretta e differita: le differenze
Come detto nell’ambito della fatturazione elettronica esistono due principali tipologie di fattura: quella diretta, o immediata, e quella differita. Esiste anche una terza tipologia, che è quella anticipata, ma di cui tratteremo a parte.
La fattura diretta, anche spesso chiamata con l’appellativo di “immediata”, è sicuramente quella più utilizzata e anche la più facile da comprendere. Questa tipologia di fattura viene emessa nel momento stesso, o comunque nella stessa data, in cui viene effettuata l’operazione. Se per esempio vendete un auto e quel giorno stesso emettete la fattura per l’importo totale, quella è una fattura diretta.
Con la fattura differita la situazione si complica e entrano in campo diversi concetti. La fattura differita viene emessa per riepilogare tutte le prestazioni o operazioni in genere che avvengono tra voi e uno stesso acquirente o cliente. In questo documento ogni operazione svolta deve essere accuratamente documentata con l’utiizzo di altri documenti: quali ad esempio un DDT o un’alternativa idonea al compito.
In conclusione e detta in parole molto povere: una fattura diretta viene emessa subito, sull’immediato, una fattura differita viene emessa alla fine del mese per riepilogare il tutto.
Fatturazione elettronica diretta e differita: quando vanno comunicate all’agenzia
Abbiamo dunque visto quali sono le definizioni di fattura diretta e differita, analizzandone le proprietà nel singolo dettaglio. Tuttavia le vere differenze pratiche per il nostro lavoro entrano in campo quando arriva il momento di comunicarle all’agenzia delle entrate.
Le due versioni di fattura infatti presentano dei veri e propri termini di emissione, entro i quali vanno assolutamente comunicate all’agenzia delle entrate, pena il rischio di sanzioni più o meno gravi per voi e le vostre tasche.
Le fatture dirette devono essere trasmette al ben noto “Sistema di Interscambio”, ovvero il programma dell’agenzia che gestisce la ricezione delle fatture e il successivo invio al destinatario, entro massimo 12 giorni dall’effettiva operazione. Questo è quanto sancito dal Decreto Crescia del 1° Luglio 2019. Il limite di 12 giorni è piuttosto ampio considerando soprattutto che le fatture dirette, come illustrato in precedenza vengono emesse il giorno stesso dell’operazione.
Nel caso invece di una fattura differita, ovviamente i limiti per l’emissione cambiano. Come detto questo documento viene emesso alla fine del mese solare, per riepilogare tutte le prestazioni fornite ad un cliente in quell’arco di tempo e che devono essere debitamente documentate. Dunque la trasmissione al Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate deve avvenire entro e non oltre il giorno 15 del mese successivo all’operazione. Questo limite può essere protratto fino al limite massimo della fine del mese successivo nel caso particolare di una triangolazione, ovvero la cessione di un bene effettuata dal cessionario al cliente attraverso il proprio cedente.
Fatturazione elettronica diretta e differita in ritardo: le sanzioni
Come definito nei precedenti paragrafi, le fatture, siano esse dirette o differite, vanno necessariamente comunicate entro i limiti imposti per legge, altrimenti si rischiano delle sanzioni amministrative.
Come descritto nella normativa, se la fattura venissi inviata in ritardo o addirittura non emessa si applica “la sanzione amministrativa compresa tra il 90% e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio. Alla stessa sanzione, commisurata all’imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta. “