Di Giacomo: "I clan malavitosi continuano a "fare scuola" nelle carceri"

"Si riscriva la verità sulla situazione penitenziaria a Santa Maria Capua Vetere"

di giacomo i clan malavitosi continuano a fare scuola nelle carceri

Riceviamo e pubblichiamo

Santa Maria Capua Vetere.  

“Ci auguriamo che l’aggressione di un agente nell’infermeria del carcere di Santa Maria Capua Vetere, diventato la “madre” della campagna di delegittimazione del personale penitenziario che si protrae da lunghi mesi, serva a riscrivere la verità sulla situazione penitenziaria e a riabilitare i servitori dello Stato che si oppongono contro il tentativo, purtroppo sempre più riuscito, di criminali di imporre il proprio controllo delle carceri”.

Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo secondo il quale: “le carceri in Campania per i detenuti appartenenti a clan, gruppi malavitosi organizzati continuano a “fare scuola” nel senso che negli istituti campani la diffusione di armi, telefonini, droga è un sistema consolidato come dimostrano i continui ritrovamenti e sequestri.

Piuttosto dobbiamo registrare che dalla visita del Premier Draghi e della Ministra Cartabia a Santa Maria Capua Vetere questi fatti si sono triplicati, perché le promesse di apertura nei confronti dei detenuti e di riduzione di pena hanno avuto l’effetto di far rialzare la testa ai capi clan approfittando dell’attacco al personale. Sentiamo adesso parlare di “schermatura” delle carceri dai droni trasportatori di armi, telefoni e stupefacenti allo stesso modo di come sentivamo parlare in precedenza di “schermatura” per rendere inefficaci i telefonini nelle celle senza che ciò sia mai avvenuto”.

“Mentre altre sigle sindacali sembrano averlo scoperto solo oggi, noi - continua Di Giacomo - sono anni che abbiamo denunciato le “celle bazar” e messo in guardia e perciò rinnoviamo le richieste di potenziamento di strumenti tecnologici e uomini e donne con l’assunzione di almeno 4 mila nuove unità.

Sono queste le uniche condizioni se lo Stato vuole realmente fronteggiare l’attacco dei criminali e tutelare il personale penitenziario. Adesso che le nostre accuse sostenute da anni si rivelano fatti quotidiani è ora che lo Stato batta un colpo per ristabilire con gli strumenti più adatti il controllo delle carceri.

Per noi la riforma della giustizia in queste ore in Parlamento non può limitarsi alle aule dei Tribunali ma deve entrare nelle carceri. Siamo sempre in attesa che gli impegni che ha preso la ministra Cartabia dopo la visita del 14 luglio a Santa Maria Capua Vetere, insieme al Premier Draghi, si trasformino in provvedimenti ed atti recuperando il tempo perduto dai precedenti Governi.

Voglio ricordare che l’ultimo tentativo di riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria risale al 1990 alla legge
395 che ha introdotto qualche novità in un avvio di processo di riforma rimasta incompiuta per la
responsabilità di tutti i Ministri alla Giustizia che hanno preceduto la Cartabia”. Conclude Di Giacomo: “sappiamo bene che riaffermare la presenza dello Stato in carcere non è facile perché c’è la necessità di resettare tutta l’attività dei vari Ministri di Grazia e Giustizia che si sono succeduti in tanti anni. Gli effetti di decenni di sottovalutazioni, provvedimenti scoordinati, sono a tutti evidenti ma la politica non può cercare altri alibi”.