Giugliano. Acque sorgive nel canalone inquinato che finisce in mare

Da Licola bassa a lago Patria scorrono nella “Pacchialona”

giugliano acque sorgive nel canalone inquinato che finisce in mare

Ennesimo bubbone eco-ambientale e sanitario, uno scempio diffuso, un tesoro d’arte delinquenziale

Rifiutopoli, inciviltà alla massima potenza e… criminalità organizzata e non. Rischia di implodere di “monnezza” selvaggia l’importante canale di acque sorgive che, dalla parte bassa di Licola, arriva a Lago Patria e qui finisce a mare. Cambia tutto per non cambiare alcunché.

Il peggio del peggio, una vergogna e basta. L’individuazione di questo ennesimo bubbone eco-ambientale e sanitario, uno scempio diffuso, un tesoro d’arte delinquenziale, è stata fatta grazie all’encomiabile impegno, profuso sul vasto territorio, dall’attivista Umberto Mercurio, presidente “sinergico” (col suo gruppo di instancabili volontari) dell’associazione ambientalista “Licola Mare Pulito”. Le immagini parlano da sole: uno scenario drammatico in quest’altra area di una sorta di “terra di nessuno”, dove ogni barbaro cialtrone pensa di fare il proprio (s)porco comodo.

Siamo infatti lungo il cosiddetto “canale della Pacchianella” (gestito e pulito dal Consorzio di Bonifica Basso Volturno), che da via Ripuaria porta in via dei Pini Nord, dove scorre il vecchio canale di scolo delle acque sorgive, che si immettono poi sulla Domiziana.

«Ho scoperto – spiega più che amareggiato il signor Mercurio – una discarica di macchine tagliate, ce ne sono un centinaio, forse anche di più, alcune finite nel canale… c’è un tratto di cento metri pieno pieno di carcasse d’auto. Qui la situazione è incontrollata ormai, qui si sversa e si scarica dappertutto e quindi è sempre peggio. La devastazione del territorio va sempre avanti e la fascia costiera, che meriterebbe la doppia cera, invece, viene vessata e deturpata da questi scarichi di materiali provenienti da furti d’auto che vengono tagliate, cannibalizzate: prendono i pezzi di ricambio e poi vengono qui a smaltire… c’è un grande disastro ambientale a cui nessuno sembra o voglia porre rimedio».

Dello sconcio sarebbero stati informati i preposti Nuclei delle forze dell’ordine, perché se ne partecipi l’autorità giudiziaria. Da parte nostra, a proposito delle vetture e dei veicoli vari che invadono letteralmente sponde e prossimità del canale “sfregiato”, si vede che non erano rifiuti tanto nobili, perché non contenenti metalli preziosi (da poter cedere in cambio di denaro), per cui gli “zulù” di turno hanno optato, come appunto succede al “canale della Pacchianella”, per lasciarne illegalmente gli scarti ingombranti a… conferire con le acque della struttura. Siamo, cioè, alla sfacciataggine più bieca e vigliacca.

Da queste parti, come in tante altre dell’hinterland domizio e del territorio interno circostante, il mercato nero dei rifiuti da abbandonare, per poi magari incendiarli, costituisce oramai da anni un vero, florido business a diversi zeri, gestito da paranze criminali “specializzate”.

Qui come altrove, danni e criticità purtroppo irreversibili. Determinati dalla “Terra dei fuochi”, a parte, “si avvelena” un po’ tutto e di tutto: dalla natura all’ambiente, alla sicurezza urbana, alla salute dei residenti e a quella comune, causa principale il dilagare di incendi dolosi e conseguenti roghi tossici, che la fanno da padrone particolarmente a ridosso delle baraccopoli di etnia rom, disseminate da località Carrafiello a “Ponte Riccio – zona Asi”, ai terreni abbandonati ai lati della “Circumvallazione Esterna”, fino ai confini ed oltre il Casertano.

Insomma un crimine ambientale, che si consuma nell’incuria assoluta e nell’indifferenza generale.