Viespoli ricorda Biagi: "Figura da riscoprire, simbolo di un'Italia positiva"

L'ex sottosegretario sulle politiche del lavoro: "Superare asimmetria tra entrata e uscita"

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Benevento.  

L'ex sottosegretario al ministero del Lavoro, Pasquale Viespoli, è intervenuto a Roma, tra i relatori dell'evento "Dalla riforma Biagi ai nuovi lavori", organizzato dall'Ugl per ricordare Marco Biagi a vent'anni dalla morte.
Viespoli nei suoi interventi ha guardato ai limiti della situazione attuale in Italia:
“Non c'è connessione tra sistemi regionali del lavoro. Siamo alla conseguenza di quel che abbiamo trovato nel 2001: si dimentica l'impatto che ha avuto la riforma del Titolo V anche sul mercato del lavoro.
Il libro bianco del lavoro era una tappa di un percorso: nel libro bianco c'è il riconoscimento di un'Italia che è stata poi desertificata dei soggetti sociali e delle parti sociali. L'obiettivo era determinare una flessibilità negoziata con un ruolo per le parti sociali”.

Viespoli ha ricordato anche le politiche dell'immigrazione dell'epoca: “Sperimentammo alcune iniziative, concrete. Come i percorsi di immigrazione guidati e controllati con un meccanismo di coinvolgimento dei paesi a ridosso del Mediterraneo in particolare e facemmo in particolare con le imprese agricole, un percorso assieme all'Egitto dove si formavano i lavoratori nel sistema delle imprese italiane”.

E, rivendicando quanto messo in campo dal Governo Berlusconi per le politiche del lavoro Viespoli ha aggiunto: “In tema di allargamento delle tutele non è vero che oggi tutti hanno ricevuto le tutele. La prima volta fu nel Governo Berlusconi, e quando facemmo quell'operazione fu fatta per la crisi del tessile: la prima sperimentazione avvenne a Biella, furono allargate le tutele a chi non le aveva, facendo l'accordo con le parti sociali e le istituzioni. C'era un'idea”. Invece oggi: “In Italia oggi il mercato del lavoro non c'è: il lavoratore è sempre più solo rispetto all'esigenza di trovare una collocazione. E' evidente che il mercato del lavoro è un'ambizione. Non si mette insieme una visione che parte dalla dimensione territoriale , dal patrimonio di competenze, costruisce politiche attive e determina un meccanismo di raccordo con la domanda e le richieste di professionalità che pure in un periodo di difficoltà vengono dal sistema delle imprese. Qualcuno si deve interrogare sul perché non riusciamo a uscire dal tunnel della desertificazione e dispersione scolastica”.

E sulla figura di Biagi: “Non cercava la notorietà, anzi, cercava l'impersonalità per svolgere al meglio possibile la propria funzione. Ricordo un uomo coraggioso, dall'altra parte invece ci fu la viltà e l'ignavia di chi aveva il dovere di fare di più sul piano culturale e sul piano operativo e invece ha contribuito all'isolamento e alla demonizzazione di una figura che invece va recuperata a simbolo di un'Italia positiva”.
E concentrandosi sulla figura del giuslavorista ucciso dalle Br Viespoli continua: “Ancora oggi è intollerabile il tentativo di far passare Biagi come il padre della precarietà, quando invece era colui il quale attraverso la tipizzazione dei contratti, attraverso la flessibilità negoziata, attraverso le politiche attive del lavoro, attraverso la creazione di un mercato che accompagnasse il lavoratore sia all'ingresso che nella ricollocazione voleva costruire un disegno riformatore. Dopo vent'anni bisogna ancora ricostruire quel percorso, ed è grave che questa ricostruzione avvenga nel silenzio di chi avrebbe il dovere di rivendicare quella stagione in termini di qualità e di capacità di Governo e in termini di costruzione di una prospettiva che recuperi il lavoro come tema fondamentale.
Io appartengo a una generazione che rivendica che il lavoro non è monopolio della sinistra, ma a condizione che ci sia una destra e un centrodestra che questo lo sappia interpretare e realizzare. Non è possibile farlo se non si recupera la simbologia, la visione e la missione di Marco Biagi”.

E in conclusione l'idea di Viespoli per superare le attuali difficoltà: “E' necessario superare l'asimmetria tra flessibilità in ingresso e la rigidità in uscita. Troppa rigidità in uscita non significa portare sregolazione del mondo del lavoro: significa regolamentare, riattivare il circuito della responsabilità e del protagonismo delle parti sociali, dunque Passare dalla concertazione al dialogo sociale e alla partecipazione sociale”.