Un anno dopo, trenta flash per trenta giorni

Teatro da vedere. Al Nuovo di Napoli

Benevento.  

Ironia, commozione, ma anche una sensazione di claustrofobia. E’ quella che si avverte in “Un anno dopo”, di Tony Laudadio, l’opera che apre il 2015 al Nuovo di Napoli, fra riflessioni argute, sketches e momenti divertenti. In scena la collaudata coppia Tony Laudadio ed Enrico Ianniello, Presentato da Onorevole Teatro Casertano e Teatri Uniti, “Un anno dopo” è un atto unico per due attori, che ricostruisce e racconta trent'anni di due vite. Il testo ricompone per frammenti, in trenta flash per trenta giorni (uno per ogni anno), la storia di due uomini, impiegati di un medesimo ufficio, nella condizione obbligata di una condivisione forzata e continua dello stesso luogo fisico. Per trent'anni costretti, quasi inconsapevolmente, a partecipare delle situazioni, emozioni, aspirazioni dell'altro, Giacomo e Goffredo trascorrono insieme la loro vita. Il racconto segue il percorso esistenziale dei due protagonisti, fra stasi, noia e scambi di esperienze, riportate nel microcosmo quotidiano tra una mansione e l'altra. La "frammentaria" struttura del testo si traduce, scenicamente, in una serie di quadri, che realizzano le inclinazioni e le tappe fondamentali della vita dell'italiano medio, tratteggiate nella diversità dei due protagonisti. Per uno dei due sono il primo giorno di lavoro, il fidanzamento, l'adattamento alla stabilità e il matrimonio, i figli, il divorzio, con conseguente giovanilismo di conquista, qualche problema giudiziario e ancora la volontà di cambiamento, di fuga dal provincialismo, che non riesce a diventare scelta concreta, la malattia finale e la morte. Per l'altro pesano il vuoto di una vita ripetitiva, la convivenza regolare, ma senza slanci, con la sorella, l'assenza di pretese o aspirazioni, con l'unica particolarità di un passatempo singolare ai limiti dell'assurdo: scrivere sinossi. I suoi sono piccoli racconti in forma contratta e dal contenuto paradossale che, privi d'ispirazione, rispecchiano l'impossibilità di una chance di evoluzione. Nel loro continuo dibattersi intorno agli stessi temi, tra ossessioni, paure e anche innocui o inconfessabili segreti, i due protagonisti riescono a sopravvivere a loro stessi e, come in un attimo, trascorrono trent'anni. La pièce beneficia della brevità degli episodi e di una forma di sarcasmo, che fa della semplicità il punto di forza, senza rinunciare ad una certa arguzia, inclemente e ironica allo stesso tempo. E’ assente la tensione e mancano esagerazioni, quindi la regia e l’interpretazione appaiono genuini e i due interpreti riescono nell’impresa di proporre contenuti intensi che non annoiano e non risparmiano colpi amari. E’ un ritratto che conserva lo sguardo critico, ma non annoia, consentendo riflessione e relax allo stesso tempo. «Una condizione comune a tanti, quella di trovarsi a vivere in parallelo la propria esistenza con quella di un coetaneo - sottolinea l'autore - in cui capita di essere in relazione costante con un'altra persona, un collega in questo caso, che forse non sopporti neanche, ma con il quale ti trovi a vivere, giorno dopo giorno, le stesse situazioni, le stesse fantasie di fuga, la voglia di lasciare finalmente la provincia per conoscere qualcosa di nuovo, quindi la disillusione e la frustrazione che deriva dall'impossibilità di realizzare questi desideri».

Maria Ricca