Nuovo appuntamento al Magnifico Visbaal Teatro. Sabato, alle 20.30, allo spazio culturale di Via Cupa Ponticelli, c'è "Rosa Nurzia (Pena de l'alma). Uno spettacolo della compagnia Esposti di e con Ciro Esposito, regia Valentina Carbonara, elementi di scena Monica Costigliola. L'ingresso é libero, l'uscita a cappello!
Ed ecco la sinossi: “Rosa Nurzia” è l'attimo prima della fine. È un'esplosione bloccata, come in una foto, dove per vedere il seguito è necessario ascoltare. Dalle parole di Rosa dipende tutto. Se non racconta, il suo mondo non può finire. Se non racconta, non può accorgersi che il suo mondo è finito.
Dalle note di regia si legge: "Rosa è immobile sulla sua sedia, fieramente barricata nell’unico spazio consentito al suo essere vecchia e definitivamente sola, ora che sua sorella Alma è partita. Entrare nella sua casa è come dare l’ultimo saluto a un mondo in decomposizione. È partecipare ad un funerale che lei tenta comicamente di rimandare: ricordando, aggrappandosi a un tempo che non esiste più, pronunciando sentenze ridicole e lapidarie su chiunque e su qualunque cosa le capiti a tiro, abbandonandosi a visioni mistiche e istinti profani. ?Rosa ha una storia da raccontare con la sua lingua antica e forte e con il suo corpo incerto, nervoso, che non sa più rialzarsi da solo. ?Una storia reale, privata, fatta di piccole cose, che fa ridere e che per questo fa male.?È il passato destinato a scomparire nella vaghezza del contemporaneo. ?È l’immedesimazione di un vivo con un morto, di un corpo con un’anima. ?È l’impossibilità di generare, evolvere, fiorire. ?È la sfida di far entrare la forza della donna, nel corpo di un attore maschio".?
Uno spettacolo particolare anche per la modalità di partecipazione. Sciapò è una rassegna di teatro a cappello nata nel 2011 da un’idea di Domenico Santo per il Teatro Civico 14 di Caserta. Fare cappello significa non pagare prima, ma dopo, e solo in base al gradimento dello spettacolo proposto. Il cappello è nato nel 1500, con la COMMEDIA DELL’ARTE, quando per la prima volta nella storia dell’umanità, fare l’artista diventa un mestiere, con i cui guadagni si vive. Questa fu una vera e propria rivoluzione, sia artistica che socioeconomica: socioeconomica perché per la prima volta i commedianti non erano più chiamati a rispondere a un signore, ma dovevano farsi imprenditori diretti del proprio lavoro; artistica, per la strettissima interrelazione fra i guadagni e quello che si faceva in scena. Ogni attore sapeva che se avesse sbagliato una battuta sarebbe stato multato dalla compagnia, perché il cappello sarebbe stato più magro; ogni capocomico sapeva che un canovaccio avrebbe continuato a girare di piazza in piazza solo se il cappello lo avesse promosso. Il pubblico, grazie al democraticissimo cappello, era fruitore, giudice e produttore dello spettacolo, e tutta la compagnia lavorava esclusivamente per lui. Oggi, proprio come nel XVI secolo, le compagnie sono sempre più spesso chiamate a diventare imprenditrici della propria arte: quale strumento migliore del cappello? Sciapò vuole riportare il cappello nel teatro, per ridare alle compagnie la visibilità che hanno perso, grazie alla creazione di una rete, e per ridare al pubblico il potere di scegliere e il piacere di tornare a teatro.