Un racconto corale di amici veri in semicerchio. Potremmo sintetizzare così, all’osso, la presentazione che si è tenuta all’ex convento San Felice, del libro di Nazzareno Orlando, “Meduse Immortali” edito da Homo Scrivens.
Che i protagonisti dell’incontro organizzato da CNA Pensionati Benevento, presieduta da Giulio De Cunto, fossero non semplici conoscenti ma compagni di strada è stato subito chiaro, dai sorrisi e dalla fiducia con cui si sono rimpallati gli interventi. E’ stato Giulio De Cunto a salutare per l’ennesima volta la sala al completo: “Da ragazzi Nazzareno Orlando e io ci confrontavamo da parti politiche contrapposte. Solo dopo abbiamo scoperto di avere in comune più cose di quanto potessimo immaginare. Oggi siamo qui per ascoltare cosa questo metalmeccanico prestato alla politica, al teatro, giornalista e scrittore abbia messo nero su bianco”.
Ed è stata la brava scrittrice Tullia Bartolini a porgere il filo da tessere, con spunti pacati, precisi e incisivi, come è solita fare.
“Siamo davanti – ha detto – al terzo figlio di Nazzareno. Con questo chiudiamo una sorta di trilogia. E’ un romanzo destrutturato, dove il viaggio dell’eroe giunge fino alla immortalità. 4 amici che si ispirano al mondo animale, tra cui campeggia la medusa immortale, specie scoperta nella sua peculiare caratteristica da pochissimo, in grado di invertire il ciclo vitale in risposta a condizioni avverse e ritrasformarsi in polipo per poi
rimoltiplicarsi. Cosa è per te Nazzareno la medusa immortale?”
Ha così preso la parola l’autore: “L’immortalità cui mi riferisco non è quella in senso cristiano. Chi riesce a diventare immortale? Chi lascia un segno, un ricordo, una buona azione. Si vince la sfida a lasciare qualcosa. La mia sfida, con la narrazione, è stata quella tra immortalità e arte”.
“Il vero protagonista – ha rilanciato la Bartolini – è l’irrequietezza che però spinge ad agire. Che ruolo ha l’irrequietezza nella tua vita?”
“Baricentrico – ha risposto Orlando sorridendo sornione -. Io sono un irrequieto, un iperattivo. Ma mi sento più un allenatore che una punta che riesce a segnare. Per questo sono ricco della mia squadra, una squadra che supera la questione anagrafica”. Il riferimento è ai coautori della multimedialità del libro: il musicista Vanni Miele e l’artista sannita, il pittore Enrico Moleti.
Ed è stato Vanni Miele a raccogliere il testimone della irrequietezza d’Orlando, tramutandola in inquietudine: “Lui è irrequieto quanto io inquieto. Per il cd creato, con l’opera e per l’opera, c’è stata ricerca, mutazione, prima perdendosi e poi ritrovandosi. Forse nella mia musica c’è qualcosa che Nazzareno non ha scritto”.
La proiezione di un video ha mostrato alcune opere del pittore Moleti mentre è stato l’editore di Homo scrivens Aldo Putignano a fare un punto sull’editoria in Campania che “sembra periferia dell’impero ma con segnali positivi”. “Il libro di Nazzareno è un progetto multimediale, dove l’autore ha rinunciato al narcisismo della solitudine per raccogliere altro da altri. Si legge col testo ma pure con le musiche e le immagini. La
speranza è che questi segnali vengano colti”.
Tra i messaggi da cogliere ci auguriamo ci sia anche quello con cui Nazzareno Orlando, già assessore alla Cultura ha voluto chiudere la serata: “Voglio ricordare che qui gli spazi culturali si chiudono invece di essere riaperti. Abbiamo 7 teatri chiusi. Giulio De Cunto e Annarita De Blasio della CNA hanno compiuto con questa rassegna al San Felice un’opera meritoria, insieme alla Soprintendenza. Insieme e uniti hanno piantato un seme. Sono tempi bui, siamo in un labirinto, cerchiamo di uscirne, tutti insieme”.