C'è chi, come l'avvocato Claudio Botti, è convinto che l'avvocatura debba restare “distante dalla guerra di religione tra governo e magistratura sulla separazione delle carriere” tra toghe requirenti e giudicanti: una riforma pensata dall'esecutivo “con una funzione punitiva”, alla quale l'Anm si oppone “con una battaglia ideologica e di retroguardia”, e chi, come il suo collega Andrea De Longis, ritiene che la separazione sia “nei princìpi della Costituzione" e rappresenti "la chiusura del cerchio del rito accusatorio".
Punti di vista con sfumature di giudizio di diversa gradazione riecheggiati questo pomeriggio nell'aula Falcone – Borsellino durante l'incontro- studio sul ruolo giurisdizionale dell'Avvocatura organizzato da Ordine degli avvocati, Camera penale e Università del Sannio. L'avvocato Vincenzo Regardi, responsabile della Scuola di formazione della Camera penale, ha ricordato "una intervista che Giuliano Vassalli nel 1987, prima che diventasse ministro, aveva rilasciato al Financial Times, nella quale aveva sostenuto che sarebbe stata una truffa chiamare il processo accusatorio senza la separazione delle carriere", e si è domandato, a proposito di un'affermazione del procuratore Gianfranco Scarfò in occasione dello scioopero indetto dall'Anm (“Se passa la riforma il Pm è fuori dalla giurisdizione”) quale sia il ruolo degli avvocati nella giurisdizione.
Interrogativo al quale hanno cercato di dare una risposta Antonella Marandola, docente di Diritto processuale penale dell'Unisannio (“L'intento governativo non è attuale, se ne discuteva già nella Costituente”), il sostituto Maria Colucci, presidente della sottosezione di Benevento dell'Anm (“Il Pm è il primo giudice del fatto, sia durante le indagini, sia successivamente, deve cercare anche prove a discarico ed ha il dovere di accertare la verità, mentre l'avvocato ha il dovere di fedeltà al mandato difensivo”).
Parole alle quali ha replicato Regardi: “L'avvocato tutela le libertà e i diritti, non gli assistiti”. Per l'onorevole Catello Vitiello, avvocato, responsabile Giustizia di Italia viva, c'è stato un “errore di metodo: non aver consentito che della riforma si discutesse in Parlamento”. Secondo l'esponente renziano, “non abbiamo la cultura accusatoria, quella della parità tra le parti”, e allora – ha concluso provocatoriamente - tanto vale “tornare al modello inquisitorio”.
L'avvocato Botti, dopo aver definito la separazione delle carriere solo "una priorità culturale”, ha richiamato l'attenzione sulla “espulsione dell'avvocatura dal processo”. Hanno “inventato – ha aggiunto – il contraddittorio cartolare, siamo schiacciati dinanzi ad un computer e dobbiamo fare i conti con una tecnologia non efficiente”. Argomento sul quale ha espresso la sua condivisione Scarfò: “Uno dei problemi del processo telematico è il malfunzionamento dell'App dovuto all'assenza dell'avvocatura”. Il procuratore ha citato il New York Times ed il sistema giudiziario americano, definendo il nostro “uno dei migliori, con garanzie più gradi di giudizio”:
Per Simona Barbone, presidente della Camera penale, “la separazione delle carriere è la madre di tutte le battaglie perchè realizza il giusto processo. E' questo il nostro interesse, non la guerra di religione che la magistratura cavalca. Noi vogliamo unamagistratura forte e giusta”. Il giudice Roberto Nuzzo, segretario dell'Anm, ha spiegato che “ciò che rende un giudice terzo e imparziale è ,l'obbligo della motivazione. La riforma è pericolosa sul fronte costituzionale, non ha incidenze pratiche e disancorerà solo il Pm dall'Ordine giudiziario. Sarebbe il caso di snellire sensibilmente il numero dei reati, di pensare all'espunzione della parte civile e di non trascurare due mali”: la trasformazione dei processi solo per le parti offese e non per gli imputati, e la statistica: come possono 12 pm seguire tutti i 1600 procedimenti contro noti esistenti al 1 aprile?”.
A completare gli interventi quelli degli avvocati Fabio Russo, consigliere dell'Ordine, Valeria Crudo, della Scuola di formazione della Camera penale, Carmine Monaco, vicepresidente della Camera penale, Domenico Rossi, segretario della Camera penale, Nico Salomone, componente della giunta della Camera penale di Benevento.