Interrogati in carcere, in silenzio cardiologo e viceprocuratore onorario

Benevento, Dinanzi al Gip sono comparsi Giovanni Vetrone e Antonio Zito, che hanno respinto accuse

interrogati in carcere in silenzio cardiologo e viceprocuratore onorario
Benevento.  

Sono entrambi rimasti in silenzio dinanzi al gip Maria Di Carlo. Uno - Giovanni Vetrone, 60 anni, all'epoca dei fatti cardiologo del Fatebenefratelli – lo ha fatto dal carcere di Benevento, l'altro - Antonio Zito, 58 anni, di Pulsano, un viceprocuratore onorario che era in servizio a Lecce – da quello di Taranto, con un collegamento a distanza, in Tribunale, con il giudice e il suo difensore, l'avvocato Umberto Del Basso De Caro.

Si sono chiusi così gli interrogatori delle due persone che due giorni fa, mentre erano già agli arresti domiciliari, sono finite dietro le sbarre in un supplemento dell'indagine del pm Chiara Maria Marcaccio e della guardia di finanza sulle presunte molestie sessuali di cui sarebbero rimaste vittime alcune pazienti del medico durante le visite nell'ambulatorio ospedaliero alla presenza di Zito, che sarebbe stato presentato come un suo assistente. Scene che sarebbero state riprese e e poi diffuse attraverso un telefonino piazzato sotto la scrivania.

Assistito dall'avvocato Nico Salomone, Vetrone si è avvalso della facoltà di non rispondere, limitandosi a rilasciare alcune dichiarazioni spontanee con le quali ha ribadito la sua estraneità alle accuse, sostenendo, rispetto ad un nuovo episodio contestato, di aver fatto anche in quella occasione solo ed esclusivamente il suo lavoro, ed escludendo ogni possibile abuso sessuale.

Dal canto suo, Zito si è invece riportato, per negare ogni addebito, alle affermazioni rese durante gli interrogatori del 13 settembre 2023, da lui chiesto mentre era in corso l'attività investigativa, e dello scorso giugno, dopo il primo arresto. Che, come si ricorderà, era stato ordinato dal Riesame, per lui e Vetrone, per una presunta violenza sessuale di gruppo.

A distanza di poco più di tre mesi, la custodia cautelare in carcere diposta per le ipotesi di reato di violenza sessuale di gruppo aggravata dalla circostanza di esser stata realizzata da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni; di esercizio abusivo della professione medica e di interferenze illecite nella vita privata. La parola passa ora al Riesame, al quale le difese faranno ricorso per ottenere l'annullamento dell'ordinanza.