I volti di quelle persone, rimbalzate pochi minuti fa nelle case degli italiani attraverso una delle televisioni che da ieri pomeriggio, dopo la notizia anticipata in mattinata da Ottopagine, sono accorse a Sant'Agata dei Goti per il crollo di un'ala del cimitero che ha precipitato in un profondo vallone un centinaio di bare, valgono più di mille parole.
Raccontano lo sconcerto, il dolore: sapere che un proprio caro non riposa più in pace ma è in balia della pioggia e del rischio di trascinamento dell'acqua, è una ferita al cuore. Quello che batte per sentimenti che non hanno mai fine, per il ricordo di una persona amata fino all'ultimo alito di vita, che crea quella che Ugo Foscolo ha definito una “corrispondenza di amorosi sensi” tra il defunto ed un familiare, un amico.
La tomba come approdo della necessità di riflettere sull'esistenza: luogo di confessioni a bassa voce, che danno la possibilità di un rapporto a distanza animato e supportato dalla fede. Le indagini stabiliranno l'esistenza di presunte responsabilità, le scuse del sindaco e dell'amministrazione, anche se importanti, sembrano valere poco.
Rimandano ad una attenzione e ad un rispetto che sarebbe stato fondamentale praticare a tempo debito. Il tempo è scaduto, la scena è impressionante. Non vorremmo essere, neanche per un attimo, tra quanti a Sant'Agata stanno soffrendo. Stringono tra le mani le foto incorniciate che hanno recuperato, pregano perchè il meteo sia clemente. Mentre la rabbia e l'indignazione salgono: come non capirli.