Tentata estorsione in concorso: è l'accusa contestata alle quattro persone di Benevento per le quali il gip Maria Di Carlo, in linea con quanto proposto dal pm Donatella Palumbo, ha fissato il giudizio immediato. Se non ci saranno riti alternativi, si aprirà il 15 ottobre, dinanzi al terzo collegio del Tribunale, il processo a carico di Dionisio Francesca, 64 anni, Luigi Francesca, 32 anni, Alberto Anzovino, 24 anni, e Pompeo Anzovino, 28 anni, già noti alle forze dell'ordine, tutti difesi dall'avvocato Antonio Leone.
Sono ritenuti responsabili di una storia al centro delle indagini dei carabinieri, che li avevano arrestati ad aprile. Secondo gli inquirenti, nel mirino sarebbe finita un'impresa che alla contrada San Vitale stava eseguendo lavori per la pubblica illuminazione appaltati dal Comune per un importo di circa 180mila euro. In particolare, il 29 marzo un ingegnere presente nel cantiere sarebbe stato minacciato.
“Sappiamo che voi non siete del posto, non sapendo a chi rivolgervi siamo venuti noi. Se volete lavorare in tutta tranquillità dovete darci 20mila euro. Per domani preparatene già 10mila”, si sarebbe sentito dire il professionista, che avrebbe provato a temporeggiare, spiegando che prima del 30 marzo non avrebbe incontrato i titolari della ditta. "E allora preparate 10mila euro per il 1 aprile, passeremo a prenderli per le ore 16 qui in cantiere”, la replica.
Il tecnico si era rivolto ai militari,, che il giorno concordato si erano travestiti da operai e dipendenti ed avevano bloccato i quattro. Dionisio Francesca era alla guida di un'Audi A3, Luigi Francesca e gli altri due avrebbero insistito per parlare con l'ingegnere, per capire se avesse consegato “l'imbasciata”, poi di farlo telefonicamente con il proprietario dell'impresa, al quale avevano ribadito l'appuntamento. Al quale si erano presentati senza immaginare che ad attenderli ci fossero, appunto, i carabinieri.
Dinanzi al Gip, Luigi Francesca aveva affermato che già conosceva l'imprenditore, al quale si sarebbe rivolto in precedenza per un posto di lavoro, e di essere andato a San Vitale nel pomeriggio del 1 aprile per capire se fosse possibile ottenerlo. Era stato il padre, Dionisio, a condurlo lì – aveva continuato - e ad andare via dopo aver fatto scendere dalla macchina che guidava sia lui sia i due Anzovino, che avevano accompagnato - ma per caso, avevano precisato - Luigi Francesca. Mentre quest'ultimo interloquiva con colui che pensava fosse un operaio, ma in realtà era un investigatore dell'Arma, domandogli dove fosse il proprietario, loro erano rimasti più indietro. Tutti erano stati fermati immediatamente, e lo stesso era avvenuto con il 64enne.
Quanto alla loro identificazione come coloro che qualche giorno prima avevano avanzato la pretesa estorsiva, la difesa aveva evidenziato che Luigi Francesa ha un vistoso tatuaggio sul collo, e che Pompeo ed Alberto Anzovino presentano sulla testa e sul viso cicatrici e segni che non potevano passare inosservati agli occhi della vittima. Il giudice aveva però confermato la custodia in carcere.