Riceviamo e pubblichiamo un intervento dell'avvocato Gino De Pietro
*****
"Siamo giunti al 20 agosto e attendiamo, quindi, le ulteriori iniziative in materia di campagna vaccinale preannunziate dal generale Figliuolo qualche settimana fa.
L’occasione impone una riflessione aggiornata sullo stato della campagna vaccinale nel nostro paese.
Al 18 agosto risultano completamente vaccinati 34,9 milioni di persone, pari al 57,7% della popolazione del paese mentre 41,1 milioni, pari al 68,1% della popolazione, hanno assunto la prima dose. Ciò significa che, a settembre, questi 6,2 milioni di persone, pari all’11,1% della popolazione, che ora risultano aver assunto la sola prima dose, saranno completamente vaccinati. Il risultato è entusiasmante, visto che gli Stati Uniti, partiti prima e più velocemente, è stata completamente vaccinato il 51,5% della popolazione e cioè l’Italia ha vaccinato il 6,2% della popolazione in più degli Stati Uniti.
Nel frattempo, però, la quantità di vaccini somministrati quotidianamente si è drasticamente ridotta a circa 250.000 unità, pari alla metà dell’obiettivo a suo tempo fissato dal governo e dal commissario e, a volte, ampiamente superato grazie all’efficienza della struttura commissariale e del servizio sanitario.
Un tale rallentamento allontana il momento in cui si potrà dire conclusa con successo la campagna vaccinale e raggiunta l’immunità di gregge spostandolo in pieno autunno e fa temere recrudescenze pandemiche che altrove – vedi Israele – hanno già indotto alla somministrazione della terza dose di vaccino. Se dovessimo essere costretti dalle evidenze scientifiche ad assumere la terza dose in maniera generalizzata, il ritardo nelle prime e seconde vaccinazioni sarebbe fatale alla riuscita della campagna.
Da che dipende tale rallentamento? Visto che le dosi sono disponibili, deve necessariamente dipendere da altri fattori.
Siamo certi che gli hub vaccinali stiano lavorando ad agosto allo stesso ritmo precedente o che, invece, non abbiano rallentato “causa ferie”?
Siamo certi che tutte le fasce d’età vaccinabili – cioè tutti i residenti ultradodicenni – stiano partecipando alla campagna di vaccinazione con lo stesso impegno? Certamente no. Abbiamo ancora 1,814 milioni di ultrasessantenni, pari al 10,1% della popolazione di tale categoria, che non hanno ricevuto neanche la prima dose di vaccino ed abbiamo addirittura 1,912 milioni di persone tra i 50 e i 60 anni, pari al 20,2% della popolazione di tale fascia d’età, che non hanno ricevuto neanche la prima dose di vaccino.
Tenendo presente che una parte rilevante della popolazione ultrasessantenne è ancora attiva sia a livello lavorativo che a livello sociale – quantomeno la parte infrasettantenne – e che tutta la popolazione da 50 a 60 anni è certamente attiva, abbiamo più di 3 milioni di persone che non hanno ricevuto neanche una dose di vaccino, con figli, con un lavoro, con una vita sociale, sportiva, culturale ( si spera) e che possono costituire altrettanti veicoli di diffusione del virus.
Il commissario straordinario ha puntato l’attenzione sulla fascia dei minorenni tra i 12 e i 18 anni, cercando, con l’eliminazione della prenotazione, di stimolare la vaccinazione dei ragazzi prima che inizi la scuola. Al momento risulta somministrata la prima dose ad almeno il 44% della popolazione di questa fascia d’età. La risposta dei ragazzi è alta ma, certamente, non potrà superare quella dei loro genitori che, se non hanno voluto vaccinarsi loro, è assai improbabile che facciano vaccinare i figli.
La stretta correlazione inversa tra percentuale di vaccinati e diffusione del virus è dimostrata, tra l’altro, da ciò che accade in Sicilia che è fanalino di coda nella campagna vaccinale ed infatti rischia di passare in zona gialla, visto il superamento del parametro dei ricoveri ospedalieri per covid.
Le istituzioni scientifiche ribadiscono quotidianamente la necessità di vaccinarsi per arginare la diffusione del virus e scongiurare una terza ondata nel prossimo autunno. Le strutture sanitarie forniscono dati da cui emerge che i ricoveri riguardano quasi esclusivamente non vaccinati e che solo per costoro la situazione può evolversi pericolosamente, spiegando che i vaccinati nella stragrande maggioranza non si contagiano e non si ammalano ma, anche quando ciò accade, la loro situazione non presenta profili preoccupanti e si limita a sintomi lievi.
Nel mondo sono state somministrate 4 miliardi 837 milioni e 800 mila dosi di vaccino al fine di arginare la diffusione della pandemia.
Al momento c’è una parte della popolazione che non è vaccinabile, pari a tutti i residenti infradodicenni e a tutti i soggetti fragili o per i quali ricorrono controindicazioni mediche. Non c’è un chiaro dato sulla loro consistenza percentuale, ma certamente stiamo parlando di oltre il 15% della popolazione residente. E’ evidente, quindi, che se vogliamo raggiungere l’immunità di gregge, dobbiamo ottenere che si vaccinino tutti gli altri o quasi.
E’ evidente che ci sono molte persone che non hanno inteso finora vaccinarsi, in particolare oltre 3 milioni di ultracinquantenni, che, presumibilmente, nel caso abbiano figli minori, non faranno vaccinare i figli.
Lo stato deve salvaguardare i minori e, per farlo, a mio sommesso parere dovrebbe introdurre, per decreto legge, stante l’urgenza, l’obbligo vaccinale per la fascia di età per cui i pareri scientifici e medici delle organizzazioni deputate a tanto sia favorevole.
Per gli over 50 refrattari, se non si vuole introdurre l’obbligo vaccinale, che secondo me sarebbe sacrosanto, basterebbe stabilire che, qualsiasi lavoro facciano, pubblico o privato, debbono possedere il green pass, altrimenti sono sospesi a tempo indeterminato dal lavoro e dallo stipendio. Le pronunzie giudiziarie in materia hanno già dato ragione a tale linea.
Non dimentichiamo che coloro che non si vaccinano volontariamente e contraggono il covid costituiscono un costo per la comunità, un pericolo per la salute e – nel caso dei fragili – per la stessa vita degli altri e manifestano un egoismo antisociale non facilmente accettabile. Si appartiene ad una società solo se, oltre a rivendicare diritti, ci si fa carico dei doveri di solidarietà sociale necessari a salvaguardare la società stessa. E quale dovere è più grande di quello di contribuire alla salute pubblica?
Visto che non sono serviti i quasi cinque miliardi di dosi somministrate nel mondo da parte dei paesi che hanno potuto farlo, il grido di dolore che si leva da quei paesi che vorrebbero vaccinare i loro abitanti e non possono ancora farlo per ragioni economiche (leggi Africa e parte dell’Asia), i circa 4 milioni e 400 mila morti, gli oltre 209 milioni di casi, i comunicati scientifici, le trasmissioni televisive, gli articoli, la propaganda di campioni, intellettuali e uomini delle istituzioni, e nemmeno l’invito accorato del Papa, in un paese che si professa a stragrande maggioranza cattolico, allora è meglio usare lo strumento che, da sempre, nei paesi democratici e liberali, segna la differenza tra ciò che si può, ciò che non si può e ciò che si deve: la legge.
Questa classe politica che non vuole mai decidere nulla, tra cui si annidano anche soggetti che vorrebbero blandire i refrattari con gadget, doni, benefici, premi…, non riesce neanche a vedere che ai raduni no vax c’erano meno adepti che ad un congresso di ornitologia e a concludere che questi quattro gatti ignoranti ed adusi a strillare come tutti quelli che non capiscono nulla andrebbero messi al bando, altro che blanditi e carezzati.
Un governo e delle istituzioni che non sappiano assumere decisioni neanche nei momenti più delicati e pericolosi si autodelegittimano.
E’ questo che andrebbe evitato insieme alla ripresa autunnale, per il terzo anno, della pandemia".