Armi nel bunker: arrestata, assolta. Ma rimborso ridotto perchè è stata silente

Decisione della Corte di appello, annullata con rinvio dalla Cassazione, per una 52enne di Benevento

armi nel bunker arrestata assolta ma rimborso ridotto perche e stata silente
Benevento.  

Arrestata, poi assolta, ma risarcita per l'ingiusta detenzione con un indennizzo ridotto del 60% per una “lieve colpa” dell'imputata, ravvisata nel silenzio in cui era rimasta non solo durante l'interrogatorio di garanzia ma anche nelle fasi successive. Una sentenza della Corte di appello che la Cassazione ha annullato, rinviando gli atti nuovamente ai giudici di secondo grado perchè si esprimano su una 52enne di Benevento, assisita dall'avvocato Carmine Monaco.

I fatti risalgono al 2010, quando lei, il marito ed i suoceri erano stati arrestati dopo il rinvenimento operato dai carabinieri ed il sequestro di un arsenale in un bunker in cemento ricavato nei pressi dell'abitazione alla contrada Pino. La donna era finita in carcere a marzo, poi aveva ottenuto i domiciliari, dove era rimasta fino a dicembre, quando la Cassazione aveva cassato l'ordinanza di custodia cautelare.

Nell'aprile del 2011, infine, era stata assolta dal Tribunale per non aver commesso il fatto, al pari dei suoceri – una sentenza confermata in appello -, mentre il coniuge era stato condannato a 12 anni: una pronuncia quest'ultima che attende ancora il vaglio della Corte di appello. Da qui la richiesta di risarcimento per l'ingiusta detenzione sofferta per oltre 9 mesi dalla donna, accolta dalla Corte di appello, che aveva però liquidato una somma inferiore a quella dovuta dopo aver delineato “ il comportamento lievemente colposo assunto dalla ricorrente ed emerso già nel corso della perquisizione domiciliare: non ha mai tenuto un comportamento collaborativo anche circa il suo ruolo ma ha mantenuto in tutte le sedi una linea silente”. Un comportamento dal quale la Corte aveva desunto “un profilo concausale dell'ingiusta restrizione, lievemente colposo, tenuto conto che la donna avrebbe ben potuto fornire spiegazioni, indicazioni, contributi per caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti almeno nella prima fase investigativa, di fatto concausando la permanenza della cautela personale”.

Una impostazione impugnata dalla difesa dinanzi alla Cassazione, che ha ritenuto non “condivisibile la deduzione della Corte d'appello laddove ha ritenuto che, in presenza di un'ipotesi di ingiustizia formale connotata dall'assenza di gravità indiziaria già al momento dell'emissione della misura cautelare, revocata sulla base del medesimo compendio indiziario, si possa considerare ai fini della riduzione dell'entità dell'indennizzo, una eventuale colpa lieve del richiedente”.