Riciclaggio, prosciolto Polizia. In 5 a processo per intestazione fittizia beni

Rito abbreviato: assolto, perchè il fatto non sussiste, Carmine Palmino D'Andrea, 58 anni, di Pesco

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D'Andrea era accusato di intestazione fittizia di beni

Benevento.  

Il non luogo a procedere, perchè il fatto non sussiste, per l'accusa di riciclaggio, nei confronti di Salvatore Polizia  (avvocato Vincenzo Sguera), 57 anni, di Benevento, dal 29 giugno al divieto di dimora nel Sannio, il suo rinvio a giudizio, con altre quattro persone, per intestazione fittizia di beni: un addebito, quest'ultimo, dal quale è stato assolto, perchè il fatto non sussiste, un altro imputato che ha scelto il rito abbreviato.

Sono le decisioni del gup Vincenzo Landolfi per le sei persone coinvolte nell'inchiesta del procuratore aggiunto Giovanni Conzo, del sostituto Maria Gabriella Di Lauro, della Squadra mobile e della guardia di finanza che era rimbalzata all'attenzione dell'opinione pubblica lo scorso 1 febbraio, quando Polizia era finito in carcere e gli erano stati sequestrati tutti i locali.

In particolare: prosciolto per l'autoriciclaggio, già annullato dal Riesame dopo una pronuncia della Cassazione, Polizia dovrà affrontare il processo, che partirà il 14 ottobre, al pari di Dora Guerra, 55 anni, Gianmarco Salvatore Polizia, 24 anni, ex moglie e figlio di Salvatore – sono assistiti dall'avvocato Viviana Olivieri – , Gerardo Polizia (avvocato Luigi Giuliano), 39 anni, nipote dello stesso Salvatore, Francesco Signoriello (avvocato Fabio Russo), 47 anni, di Sant'Angelo a Cupolo.

Tutti dovranno rispondere di intestazione fittizia di beni, un'accusa dalla quale è stato assolto – era quanto aveva chiesto anche il Pm - Carmine Palmino D'Andrea (avvocato Angelo Leone), 58 anni, di Pesco Sannita, giudicato con rito abbreviato, tirato in ballo per un'attività di ristorazione ceduta da Polizia. All'epoca aveva subito un sequestro di beni, che il Riesame aveva però cassato.

Caduta, dunque, a carico di Polizia, la contestazione di autoriciclaggio, sulla quale era fondato l'impianto degli inquirenti, convinti che avrebbe impiegato e trasferito in una serie di attività commerciali i proventi derivanti da alcuni reati (rapina, usura, estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti), attribuendo fittiziamente la gestione e la titolarità a familiari e non solo.

Come più volte ricordato, l'addebito di autoriciclaggio era stato annullato dal Riesame, nuovamente interpellato dalla Cassazione, per “l'assenza di qualsiasi collegamento tra taluno di quei reati (anche quanto all'effettiva consistenza del profitto ricavato) e le condotte contestate al Polizia”. E ancora: “Il Tribunale ha sostanzialmente rinunciato ad individuare qualsiasi effettiva corrispondenza tra le utilità ricavate dal Polizia da determinati delitti e la condotta di reinvestimento, contestata indistintamente dal giorno di entrata in vigore della nuova fattispecie (autoriciclaggio ndr) dal 2015 fino al 20 febbraio del 2020, e con un riferimento omnicomprensivo – ma sfornito di qualsiasi riferimento temporale – ai delitti”.