Iandoli si racconta: «Chiari, coerenti, puliti: la città fuori dal tunnel»

Il candidato a sindaco di Avellino con il simbolo di Fratelli d'Italia

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Avellino.  

Modestino Iandoli è uno dei pochi politici locali che non ha mai cambiato rotta seguendo il vento che buttava. A destra è nato, a destra lo ritroviamo. Da Almirante, con i consigli comunali che all'epoca si tenevano nell'aula magna della scuola media Dante Alighieri, a Giorgia Meloni, a prendere su di sé la responsabilità di non aver ceduto, ancora una volta, alle sirene del trasformismo, quelle che prendono i partiti come autobus su cui salire perché è il momento buono per un altro affare personale da portare a termine. Dalla Dogana all'ex ospedale Moscati la passeggiata non è breve. C'è tutto il tempo per qualche polemica e qualche sassolino.

Si aspettava una fine così triste della consiliatura al Comune capoluogo?

«No, per quanto avessi ben chiaro il disastro amministrativo che si è consumato in questi anni a Palazzo di città non avrei mai potuto immaginare questo epilogo. Ma intendiamoci, non m’interessa la questione giudiziaria. Il punto è solo politico e ha a che fare con quanto è emerso nel corso di queste settimane, ha a che fare con la sistematica pretesa di governare di nascosto, senza pubblicare le delibere e facendo sparire le determine, ha a che fare con quel pc sparito, con i concorsi truccati. Mai avrei immaginato che Avellino potesse sprofondare in un baratro tanto profondo»

Lo scenario creatosi è un'opportunità, Fratelli d'Italia ha scelto l'identità di un simbolo. Dopo tanti anni, torna in modo attivo nella mischia. Pensa di arrivare al ballottaggio?

«Siamo l’unico centrodestra in campo e il centrodestra ha il dovere di puntare ovunque al massimo risultato. Fratelli d’Italia ha scelto l’unica linea possibile, ha lavorato fino all’ultimo minuto utile per l’unità della coalizione e la mia stessa candidatura è stata messa a disposizione di tutto il centrodestra con la disponibilità, manifestata pubblicamente dal sottoscritto e dalla Presidente Fruncillo anche a trovare la sintesi su di un altro nome ma sempre in uno schema politico. Il punto è che al di là di Fratelli d’Italia e della stessa Udc, che comunque ha mantenuto un profilo chiaro, le altre forze non erano nelle condizioni di accettare la nostra sfida, non avevano alternativa a nascondere la propria inconsistenza in uno schema di finto civismo, con il contributo dei principali alleati dell’ex sindaco e di diversi ex assessori e consiglieri uscenti di maggioranza. L’altra faccia della stessa medaglia rappresentata da Laura Nargi. Ecco, dunque, che di fronte a noi abbiamo il centrosinistra, il cosiddetto campo largo, ovvero i nostri avversari di sempre. Sappiamo chi sono e sappiamo dove stanno. Quindi c’è il centrodestra, ci siamo noi. In mezzo la palude dell’indistinto, il centrofesta»

Cosa significa oggi proporsi come un uomo di destra? Qual è l'orizzonte per la città?

«La mia è la storia di un uomo di destra, di una destra sociale, mai settaria, garantista e legalitaria. Ma oggi sono il candidato del primo partito d’Italia, di una forza di governo, che esprime il Presidente del Consiglio, che si rivolge ed interpreta le istanze di una larga parte della Nazione. Certo, noi siamo quelli che non hanno mai governato Avellino, siamo gli unici che possono dire di non avere nulla a che fare con il disastro di questi anni, con le macerie tra le quali ci muoviamo, ma anche con i disastri dei lustri e dei decenni precedenti. Perché non bisogna mai dimenticare che Festa e i suoi sono figli del Pd, del centrosinistra, del sistema di potere che da sempre governa Avellino. Siamo gli unici a poter parlare con credibilità di cambiamento e discontinuità, ci rivolgiamo a tutti gli elettori di centrodestra, ma a tutti gli avellinesi che cercano una proposta di discontinuità, che credono sia giunto il momento di voltare pagina. E a loro dico che qualora dovessimo essere premiati dalle urne non esiteremo a coinvolgere le migliori energie della città, ad includere l’Avellino migliore. Senza veti, senza esami del sangue, per il bene della comunità»

Avellino è fuori dalla connessione all'Alta velocità.

«Avellino è fuori dalla connessione all’Alta Velocità e non ha una stazione. Abbiamo perso molti anni in chiacchiere, rincorrendo proclami e promesse, ma è del tutto evidente che non possiamo e non dobbiamo arrenderci. Occorre spingere sull’elettrificazione della Salerno – Avellino – Benevento, occorre restituire alla stazione del capoluogo la sua funzione e la sua centralità, e questo non lo faremo certo coltivando l’isolamento istituzionale come accaduto in questi anni. Avellino ha smarrito il proprio ruolo di traino rispetto alla provincia e lo ha perso anche sul terreno della pianificazione strategica. Oggi la città è un corpo estraneo ai territori ed in qualche modo quello scalo desolato è la sublimazione di questa condizione. Dobbiamo ripensare la città, la sua funzione sul piano provinciale e regionale, dobbiamo riportare Avellino al centro delle politiche di programmazione, lavorare con tutta la filiera istituzionale con l’ambizione di recuperare il tempo perduto, di agganciare il capoluogo all’Alta velocità»

Non ha una politica ambientale.

«Vero. Ma quando parliamo di politiche ambientali parliamo di tutto, parliamo di mobilità, di urbanistica, di decoro urbano, di vivibilità, parliamo del Fenestrelle e dell’Isochimica. Non mi piace fare la lista della spesa, fare l’elenco di priorità. Lo trovo facile e demagogico. Il punto è che dobbiamo ripartire da una visione, da obiettivi strategici chiari, dobbiamo ripensare Avellino. Le colline che circondano la città sono il nostro sky line, siamo il capoluogo della verde irpinia ma siamo tra le città più inquinate del Mezzogiorno per quel che concerne le pm10, siamo prigionieri di un traffico insostenibile. Non c’è una sola soluzione, ci sono tante soluzioni che vanno declinate in un disegno organico. Sogno una città con meno auto, con più aree pedonali, con parcheggi di interscambio ed un sistema di mobilità pubblica finalmente sostenibile, sogno una città verde, con i parchi sempre aperti e curati»

Non ha un vero assetto urbanistico. Lascia ai palazzinari la libertà di continuare a costruire, mentre la popolazione diminuisce, quindi non si sa a favore di chi.

«Sarebbe ingiusto puntare il dito contro la categoria dei costruttori, ma sarebbe ipocrita non riconoscere che quel che Lei dice è vero. Noi crediamo che Avellino necessiti di interventi profondi di rigenerazione urbana, non certo di nuovo cemento. L’edilizia muove tutto il resto e le città che crescono sono le città che cambiano, che si ripensano. La deriva a cui lei fa riferimento trova genesi nell’immobilismo di questi ultimi venti anni, nella circostanza per la quale ci siamo fermati in un presente eterno. È innegabile, per esempio, che la parte pubblica del Puc vigente non è stata per niente realizzata. Serve una scossa, è necessario lavorare ad un nuovo piano, cucito sulla città per quella che è. Lo faremo»

Abbiamo un tunnel costato undici milioni di euro finito da almeno due anni ma non inaugurabile perché c'è l'inghippo delle autorizzazioni.

«Il tunnel è la metafora di questa città. Un’opera che poteva forse avere un senso quado fu concepita, ma poi, con le modifiche intervenute, è diventata completamene inutile. Sarà per noi prioritario capire le ragioni di quest’inghippo, tornare indietro purtroppo non si può. Ma il fatto che l’inaugurazione annunciata sia stata presentata come un evento storico, come il segno di un rilancio per la comunità la dice lunga su come stiamo combinati. La luce è lontanissima

La famosa metropolitana leggera, dopo quindici anni di incubazione, si è rivelata un disastro.

«Uno scempio. Avellino non può immaginare il proprio futuro con un sistema di mobilità obsoleto, antieconomico e inquinante. Anche sul punto proponiamo una svolta radicale, piccole navette in grado di coprire tutto il territorio cittadino, ibride o elettriche, con tempistiche in linea con quelle che si rilevano nelle città civili»

Non trova scandaloso che un complesso come l'ex Moscati di viale Italia venga lasciato vuoto, senza uno straccio di idea per il suo riutilizzo?

«Assolutamente sì, quella struttura nel cuore della città ci dice molto della capacità delle classi dirigenti che si sono susseguite al Comune di Avellino in termini di programmazione e visione. Va restituita al capoluogo, con funzioni che possano generare nuovi flussi, che possano restituire centralità a quel pezzo di Avellino e la strada indicata dall’Asl va in questa direzione ma va approfondita»

A questo disastro, chi dovrebbe dare risposte, indicare soluzioni? Magari è questo limbo senza futuro o possibilità a costringere i nostri giovani alla fuga.

«Tocca alla politica. Perché il civismo non è altro che la veste stracciata del trasformismo, come ammoniva Ciriaco De Mita. Perché abbiamo bisogno di percorsi collettivi, di inclusione, di competenze e dela complessità della democrazia, che si alimenta nel conflitto e nello scontro, ma tra idee e non tra persone, tra visioni e non tra interessi particolari. La deriva di Avellino nasce nel vuoto della politica. La politica è chiamata a colmare quel vuoto».