Non ha detto una parola il 24enne nigeriano che questa mattina nel carcere di Bellizzi doveva essere sentito dopo l’omicidio commesso nel negozio cinese a Monteforte Irpino. Il giovane nigeriano, affiancato dal suo legale Nicola D’Archi, ha detto di non ricordare nulla di quel giorno. E, dunque, per l’avvocato Robert Omo non era in grado di sostenere un interrogatorio davanti al gip Francesca Spella. Inoltre, secondo quanto riferito dal legale, il nigeriano era provato e “si continuava a chiedere perché fosse in carcere, cosa avesse fatto, pertanto alla domanda del giudice, lo stesso si è avvalso della facoltà di non rispondere.
In base a ciò chiederemo un approfondimento, faremo richiesta al pubblico ministero di disporre con accertamento clinico psichiatrico - ha sottolineato D’Archi - perché di fatto ha comunque ha manifestato dei disagi, difficoltà che aveva anche prima di compiere l’azione criminosa - rimarca l’avvocato - abbiamo saputo che il giovane aveva chiesto aiuto. Aveva chiesto un supporto di tipo psichiatrico e la Caritas aveva messo a disposizione anche un medico che aveva visitato il ragazzo e gli aveva prescritto dei farmaci, che però a causa di documenti non in regola, non poteva avere la prescrizione per ottenere il farmaco, e quindi non aveva mai cominciato la cura. Inoltre - continua l’avvocato - Robert aveva chiesto il rimpatrio, voleva tornare nel suo Paese, ma gli era stato negato a causa, probabilmente, dei costi troppo alti per il viaggio». Ora invece, il 24enne dovrà restare in carcere fino alla prossima decisione del giudice. Nel frattempo il gip ha convalidato l’arresto e la detenzione a Bellizzi.
Ricordiamo che Robert Omo nel negozio di Alvanella aveva colpito e ferito con il martello anche un’altra persona, un bulgaro che si trova ancora in gravi condizioni all’ospedale Moscati di Avellino.
Mentre per quanto riguarda la famiglia della vittima, si attende l’esito dell’autopsia che dovrebbe tenersi giovedì mattina, dopodiché la salma potrà essere restituita alla famiglia del 56enne cinese ucciso a martellate dal nigeriano. Intanto, proprio loro, la moglie e le due figlie, tramite l’avvocato difensore Costantino Sabatino, chiedono giustizia. «Sono sgomenti, sono tormentati dal dolore - sostiene il penalista del foro di Avellino - loro non fanno appelli ma vogliono, giustamente, che si faccia giustizia e vogliono che la persona che ha commesso questo crimine atroce venga giustamente punita, perché sono consapevoli che purtroppo il papà e il marito non potrà mai tornare indietro, ma sicuramente vogliono che venga fatta giustizia, la stessa che chiede l’intera comunità non abituata a crimini così efferati».