Incapaci di sviluppare un pensiero proprio, autonomo, i sindaci irpini continuano a dire sì al bilancio dell'Alto Calore. In un anno il debito monstre è passato da 164 milioni di euro a qualche spiccolo sotto i 200 milioni. Soglia, quella dei 200, che negli anni scorsi è stata abbondantemente superata. Ma si va avanti. La somma è talmente elevata che neanche il Tribunale, nonostante la Procura fosse di parere contrario, ha potuto negare il concordato: i creditori dovranno farsene una ragione.
L'approvazione del bilancio non solo è avvenuta con il solito copione acefalo tra rutilanti dichiarazioni di felicità possibile dietro l'angolo, grazie a qualcuno che prima o poi dovrà pagare questa motagna di debiti. No. È passata anche tra accenni comici quando, dovendo in qualche modo ritirare la propria fiducia a Michelangelo Ciarcia, autorevoli rappresentanti del Partito democratico hanno eccepito la necessità di un manager, meglio se top, per mettere fine a una stagione di gestione politica - 40 anni – di cui loro stessi sono corresponsabili.
Ciarcia, candidato alle Regionali dal Pd per far fuori lo scomodissimo Livio Petitto, si è difeso, chiarendo che lui con la politica non ha niente a che fare. Commedia dell'Arte.
Il taumaturgo arriverà e il dilemma si farà cornuto. Già, perché se riuscirà a risollevare l'Alto Calore dai suoi 200 milioni di euro di debiti, al Pd toccherà la responsabilità di aver rallentato la cura per tornaconto politico. E se non ci riuscirà, il Pd e i sindaci dovranno ammettere che la partecipazione acefala, fedele a una linea politica da bottegai, è la madre di tutti i danni creati gestendo l'acqua così come è stata gestita.