Impiegato nel trattamento dei disturbi bipolari, il litio è un elemento simile al sodio e al potassio, destinato al trasporto di sali minerali e di proteine solubili.
Le principali complicazioni endocrine del trattamento sono le complicazioni tiroidee, paratiroidee, e renali. Gli effetti secondari tiroidei, più frequenti nella donna, corrispondono ad un ipotiroidismo, ad un gozzo, talvolta ad un ipertiroidismo, per azione sul trasportatore degli ioduri. L’aumento del volume della tiroide è precoce.
La prevalenza dei gozzi è 4 volte più alta rispetto alla popolazione generale, e l’ipotiroidismo è più frequente in caso di preesistenza di anticorpi antitiroidei. Un ipertiroidismo, suscettibile di aggravare l’umore del paziente è descritto nel 5% dei casi. Nel 30% dei casi è presente un aumento della calcemia e del paratormone, dato che il litio stimola la proliferazione delle cellule delle paratiroidi. Il rischio di un iperparatiroidismo è 5 volte più alto rispetto alla popolazione generale. L’aumento dell’attività delle paratiroidi sposta il calcio dalle ossa con conseguente osteoporosi e rischio di gravi fratture. L’aumento del calcio nel sangue sovraccarica la funzione renale, con il rischio di insufficienza renale acuta o cronica. Sul piano metabolico si può osservare un aumento del peso corporeo, comunque minore rispetto ad altri farmaci psicotropi. Il litio non è un induttore di diabete. Talvolta si è riscontrato un aumento della prolattina nel sangue. Pertanto nei pazienti trattati con il litio è raccomandata una sorveglianza periodica dell’attività e della morfologia della tiroide, della funzione delle paratiroidi (paratormone, calcemia), e soprattutto della funzionalità renale.
L'autore è Medico - Endocrinologo