di Luciano Trapanese
Non ammettere una sconfitta fa perdere due volte. Non ammettere che il Pd abbia subito un tracollo in Campania – come altrove -, può significare due cose: non avere nessun contatto con la realtà o dissimulare perché l'analisi concreta dei risultati rischia di mettere in discussione certezze che sembravano immutabili. Come quelle di Piero De Luca, figlio del governatore, che nel collegio di Salerno, feudo del padre, è arrivato terzo (battuto da 5Stelle e centrodestra). Andrà in Parlamento solo grazie al proporzionale. Eppure, di fronte alla debacle che avrebbe dovuto suscitare almeno una riflessione, ha dichiarato: «Nonostante questa ondata politica nazionale mi pare doveroso riconoscere il risultato estremamente positivo, nel contesto dato, ottenuto dal nostro Pd e dalla coalizione di centrosinistra qui a Salerno città e in provincia».
Piero De Luca, come detto è anche il figlio del presidente della Regione. A Salerno suo padre ha un potere incontrastato da decenni e una macchina elettorale a dir poco rodata. Eppure è stato sconfitto nonostante «il risultato estremamente positivo». Un campano su due ha votato 5Stelle, è cresciuta e tanto anche la Lega. Il Partito democratico è diventato irrilevante in molte realtà regionali. E nessuno può escludere che questo terremoto si ripercuota anche sulle amministrative dei prossimi anni.
Accadrà di sicuro se si continua a confondere una sonora batosta con un successo. Se non si ammette che la bocciatura salernitana è più di un segnale, è uno schiaffo, con il quale bisogna fare i conti. Il Pd – e non solo in Campania – passeggia tra le macerie, se si limita a osservarle dicendo «poteva andare peggio» e non si avvia una radicale riflessione politica, non resteranno neppure quelle. Così come non serve etichettare il voto ai 5Stelle come voto di protesta. Un 50 per cento di consensi in Campania è molto più di quello. Ma se anche fosse vero, se cioè tanti elettori avessero inteso protestare nelle urne, sarebbe forse almeno il caso di fermarsi a pensare... E chiedersi tra l'altro se sia stata davvero una saggia decisione quella di farsi candidare in un collegio “sicuro” e in un listino bloccato solo perché figlio di Vincenzo De Luca. A giudicare dal voto dei salernitani evidentemente no.