di Luciano Trapanese
«Investire in Campania? Meglio che al Nord e vi spiego perché». Giovanni Castagna, titolare della Aqc, una azienda specializzata in prove su materiali metallici, non ha dubbi, e smonta una lunga serie di luoghi comuni. Imponendo una riflessione importante sulle prospettive di un meridione che può avere chance di rinascita. Basta crederci.
«Ho lavorato – dichiara – per molti anni nel settentrione. A Milano, Bologna, Parma. Prima alla Ciba Geigy, poi in industrie del settore grafico, cartotecnico e plastico. Sempre con ruoli dirigenziali. Dieci anni fa ho scelto di tornare nella mia città, a Napoli. Con mia sorella abbiamo aperto un piccolo laboratorio che presto è diventato molto stretto. Tra qualche giorno apriremo un capannone di mille metri quadrati, a Napoli Est, a ridosso di zone considerate difficili, come Barra e Ponticelli».
Una storia al contrario quella di Giovanni Castagna. Cosimo Nutricati, presidente delle Piccole e medie imprese di Napoli, la sintetizza così: «Si parla molto di fuga di cervelli, ma si dà poco risalto a chi torna al Sud per lavorare. L'esperienza dell'ingegnere Castagna, un imprenditore in controtendenza che ha lasciato il Nord per investire qui a Napoli, ci lascia ben sperare per il futuro del nostro territorio». E aggiunge: «Meglio lavorare qui che nel Settentrione».
Ma quali sarebbero i vantaggi? «Molti – racconta Castagna -. A partire dalla qualità e dalla competenza dei dipendenti. A Napoli ho trovato ingegneri e chimici molto più preparati rispetto a quelli del Nord. Sono in grado di trovare soluzioni, di intervenire con rapidità ed efficacia anche nelle situazioni più diverse. Come nell'antica arte di “arrangiarsi”. Sono più capaci, si trovano con più facilità e anche guadagnando bene hanno un costo inferiore per l'azienda».
Ma non è l'unico vantaggio, anzi. «C'è anche un rapporto diverso tra le diverse aziende. Una collaborazione “calda”, amichevole. Qualcosa che al nord non è mai accaduto. Faccio un esempio: ho avuto ruoli di rilievo in molte imprese, ma non ho mai ricevuto un regalo a Natale. Qui sono sommerso. Sembra poco importante, invece segnala anche la capacità in molti casi di intrattenere relazioni, di fare rete, di esprimere anche solidarietà».
Ma non tutto è perfetto. Chiaro. «Certo in molti casi le infrastrutture non sono adeguate. Anche se noi ci troviamo in un posto perfetto, un piccolo gioiello. Però mi guardo intorno e vedo tante aree Asi abbandonate, gestite male, che offrono davvero poco per rendere competitive le aziende».
E infine, le questioni legate alla malavita organizzata. «Per quanto ci riguarda non abbiamo mai ricevuto visite di un certo tipo e richieste di denaro. Abbiamo lavorato alla luce del sole e in piena tranquillità. Vedo però che molte altre aziende quasi si nascondono. Mi è capitato di visitare delle imprese. Ho avuto difficoltà a trovarle. Niente insegne, nessuna indicazioni. Poi dopo aver attraversato androni e piazzole, mi sono ritrovato in aziende bellissime, organizzate in modo impeccabili e innovative. La mancanza di visibilità non può che penalizzare. Però è chiaro, se hanno fatto questa scelta è solo per evitare di sollecitare certi appetiti e continuare a operare in pace».
Un quadro dunque a tinte non troppo fosche. Un messaggio positivo, un invito a crederci. Napoli e la Campania hanno potenzialità e un tessuto economico vitale. Serve guardare oltre l'ovvio e gli stereotipi e partire da quella consapevolezza: qui c'è gente che lavora meglio. E dalla considerazione che i rapporti tra le aziende hanno un calore che le rende più facilmente collaborative. Il resto deve farlo la politica, con la realizzazione delle infrastrutture necessarie, e un salto culturale (e non solo), definitivo, che liberi del tutto e definitivamente gli imprenditori dalla paura di operare in piena luce, senza le necessità di nascondere i loro successi. Anzi, soprattutto quelli.