Quello della ludopatia è un tema sensibile in gravissima crescita che sta diventando una piaga sociale a tutti gli effetti. Una piaga che attacca, prima di tutti e, paradossalmente, le fasce sociali meno abbienti: quelle che non possono permettersi di spendere ingenti capitali. Spesso vista, in maniera semplicistica, come “vizio del gioco”, la ludopatia (come suggerisce il nome) è un disturbo psicologico a tutti gli effetti.
Ed è compito anche (ma non solo) della politica far fronte a questo tipo di problematiche psicologiche e sociali.
Per questo motivo il PSI Camerota ha mosso una proposta per contrastare il gioco d’azzardo e minimizzare i rischi a cui vanno incontro le persone affette da ludopatia. Di seguito la nota a cura di Giangaetano Petrillo, portavoce del gruppo.“La lotta alla ludopatia dev’essere una missione non solo politica ma anche sociale, per le nuove amministrazioni comunali
La nostra proposta, protocollata al sindaco del Comune di Camerota come coordinamento zonale del PSI, nasce da una ferma decisione, anche ideologica e di buon senso, di contrasto serrato verso questa sfibrante forma di malattia. Bisogna innanzitutto partite dal convincimento che non si tratta di un semplice gioco ma di una forma di dipendenza che va combattuta e contrastata.
Il particolare momento di disagio sociale ed economico che stiamo attraversando ha accentuato il ricorso al “gioco” come fonte di possibile recupero di risorse finanziarie, anche da parte di inoccupati e di coloro che perdono il lavoro. Un modo per sognare e per non vedere cosa accade attorno; una possibile evasione che, solo inizialmente, sembra a costo zero: un gratta e vinci non si nega a nessuno.
Anche lo slogan “Gioca il giusto” appare difficile da condividere: cos’è il “giusto” quando l’Europa e l’Italia stanno attraversando una delle crisi economiche più pesanti degli ultimi decenni? Di certo non abbiamo bisogno di spingere a giocare giovani disoccupati, anziani in difficoltà e casalinghe che non riescono a far quadrare il loro bilancio.
A tutti si promette di vincere facile, di vincere prima e di più. Sarebbe ora di mettere uno stop definitivo a questa ingannevole pubblicità perché l’unica cosa certa è che giocando di più si può perdere di più.
Il gioco d’azzardo, parlando alla parte emotiva e meno razionale dell’uomo, mette in azione un pensiero “magico” che insinua in modo subdolo e aggressivo messaggi ingannevoli sulle reali possibilità di vincere per cui, in assenza di un pensiero critico, diventa facile credere, o per lo meno sperare, di vincere.
Magari ci si illude che si giocherà soltanto fino alla prima vittoria, senza sapere che sarà proprio la prima vittoria a creare il circolo vizioso della dipendenza, rilanciando la speranza “magica” nella grande vittoria.
Non a caso, tra i biglietti vincenti, la maggioranza offre un importo simile al costo del biglietto, proprio ed esclusivamente per convincere l’incauto utente a continuare a giocare.
Il gioco d’azzardo patologico è stato per lungo tempo sottovalutato in ambito scientifico e clinico, facendo rientrare questa patologia nell’esclusivo ambito del “vizio”.
Si è posta anche una scarsa attenzione sui costi sociali che questa patologia comporta: le sue specifiche caratteristiche causano infatti pesanti conseguenze che gravano non solo sul giocatore ma anche sui suoi famigliari, sia per gli aspetti puramente psicopatologici che per quelli economici e relazionali.
La sensazione di costrizione nell’attività di gioco e il non poterne fare a meno sono gli indicatori per riconoscere se il gioco è entrato nel processo che la psicologia emozional-cognitiva definisce “loop disfunzionale”: un vero e proprio discontrollo degli impulsi.
L’esigenza di recuperare le somme perdute attiva processi mentali ed emotivi che si manifestano con una forte sensazione di tensione che sembra diminuire soltanto attraverso l’attività di gioco. È un circolo vizioso analogo a quello che si crea in tutte le forme di dipendenza, per cui l’astinenza dalla droga spinge a cercare la droga, che mentre soddisfa un bisogno ne crea contemporaneamente un altro di maggiore intensità.
Negli ultimi anni i bar sono andati riempiendosi di macchinette per giocare e solo grazie a un profondo senso sociale da parte di alcuni esercenti che, avendone forse compreso gli effetti deleteri, si sono ribellati alla presenza delle macchinette nei loro locali, è stato possibile limitare il fenomeno e circoscriverne gli effetti negativi.
Ma dopo alcuni di questi esempi positivi ora tocca ai Comuni, che sono chiamati a gestire concretamente, nella quotidianità, i problemi legati al proliferare incontrollato di sale da gioco e slot machine senza avere alcun potere regolativo, ispettivo e autorizzativo su di esse.
L’inchiesta realizzata dai quotidiani locali Gedi e del Visual Lab in collaborazione con Dataninja, incrociando i dati di popolazione (Istat), reddito (Mef) e raccolto gioco (Aams), ha denunciato che il secondo comune del basso Cilento con la spesa più alta è Camerota, con un importo annuo di 6,61 milioni di euro.
Intanto, il sindaco di un noto comune cilentano, Trentinara, ha emanato un’ordinanza anti-slot per porre un freno “a una piaga sociale intollerabile”.
Per questi motivi abbiamo deciso di far richiesta al nostro primo cittadino di prendere in seria considerazione il dramma che sta emergendo sempre più tra le disperate fasce sociali e che sta colpendo sempre più le fasce deboli (giovani e disoccupati) con un’ordinanza che preveda:
- la chiusura delle sale slot (nei locali autorizzati) dalle 22:00 alle 15:00;
- l’obbligo di esposizione di un apposito cartello, in luogo ben visibile al pubblico, contenente in caratteri evidenti formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincita in denaro e, al contempo, l’obbligo di esposizione all’esterno del locale di un cartello indicante l’orario di apertura della sala giochi e/o di funzionamento degli apparecchi;
- la chiusura dei locali situati nei pressi di luoghi sensibili, come istituti scolastici, chiese e bar”.
S.B.