E' stata condannata a 23 anni di reclusione dalla Corte d'Assise di Salerno, con l'accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere, la 55enne Vincenza Di Pino, riconosciuta colpevole di aver ucciso Patrizia Attruia, una 47enne di Scafati. Il cadavere era stato ritrovato il 27 marzo del 2015 in una cassapanca di una casa di Ravello. La vicenda ruoterebbe intorno ad un triangolo amoroso tra la vittima, la Di Pino e Giuseppe Lima che avrebbe collaborato con la donna nell'assassinio della 47enne. Una rivalità in amore per contendersi lo stesso uomo. Rivalità più volte smentita dai legali della Di Pino.
Tutto era iniziato circa tre anni fa, quando la vittima si era trasferita a Ravello con Giuseppe Lima. Entrambi disoccupati erano andati a vivere presso l’abitazione di Vincenza Dipino, invitati da quest'ultima. Così si sarebbe scatenata la gelosia tra le due donne sfociata nell'omicidio. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Vincenza Dipino aveva strangolato la rivale, tra la cucina e la camera da letto, ne aveva trascinato il corpo lungo il corridoio e lo aveva nascosto all'interno di una cassapanca. In un primo momento la Di Pino si sarebbe addossata le colpe dell'omicidio.
Giuseppe Lima invece si era dichiarato innocente e all'oscuro di tutto, una tesi che non aveva convinto gli inquirenti, su di lui pende l’accusa di occultamento di cadavere in concorso e omicidio volontario. Anche perchè il corpo di Patrizia Attruia era stato ritrovato dai carabinieri nel primo pomeriggio, dopo che lo stesso Lima aveva chiesto consigli ad un funzionario del Comune di Ravello, comunicandogli il decesso della donna e chiedendogli cosa fare. Dall'autopsia era emerso che la 47enne era morta 40 ore prima, circostanza che aveva aggravato la posizione di Giuseppe Lima.
Redazione Salerno