Chiesti trent'anni di reclusione per il 50enne Giuseppe Lima, accusato di concorso nell'omicidio di Patrizia Attruia. Lo avrebbe messo in pratica insieme alla sua amante Vincenza Dipino, condannata in Assise, nel giugno scorso, a 23 anni di carcere.
Durante tutti gli interrogatori resi fino ad ora, Lima avrebbe raccontato bugie, tutto solo per cercare di costruirsi un alibi e sviare l'attenzione dalle sue responsabilità. E' questa l'idea del pubblico ministero. In un primo momento per Lima si era paventata solo l'accusa di favoreggiamento e occultamento di cadavere.
Ma alla condanna della Dipino già la sua figura parve “pienamente concorsuale” in un delitto, per l'accusa, messo a segno in coppia, a quattro mani. Ieri il pm Giancarlo Russo, al termine di oltre due ore di requisitoria, ha chiesto dunque per Lima trent'anni di carcere. Lima sarebbe stato in casa a Ravello quando l'omicidio si è consumato, vi vrebbe preso parte attivamente. I fatti risalgono al marzo del 2015. Il corpo della donna rimase nascosto in casa, in una cassapanca, per ben due giorni.
Proprio le lesioni trovate sul cadavere di Patrizia Attruia confermerebbero che a compiere il delitto siano state due persone. Lima fin dall'inizio delle indagini ha invece sempre accusato la sua compagna della morte dell'Attruia.
Da sempre ha cercato di sviare le indagini dalla sua persona, parlando dell'odio che vi era tra le due donne: la sua compagna ufficiale, Patrizia Attruia, e l'amante Vincenza Dipino. Pare che il giorno dell'omicidio Lima avrebbe potuto infliggere alla vittima il colpo mortale, un pugno alla gola, al culmine di un'aggressione a cui anche la Dipino avrebbe assistito o partecipato, dopo che questi ultimi erano stati sorpresi in atteggiamenti intimi dalla vittima al rientro in casa.
S.B.