“Questo sindaco se ne deve andare subito, ha combinato troppi guai. Ci vuole uno dei nostri”. Intercettato dai carabinieri la primavera scorsa, Francesco Mogavero, mandante e organizzatore della strategia criminale del clan Pecoraro Renna, non lascia adito a dubbi. L'interesse della camorra sul comune di Pontecagnano è forte.
Con la stessa violenza con cui minacciavano ed estorcevano soldi e commesse agli imprenditori della Piana del Sele, volevano esercitare anche un controllo sull'amministrazione comunale di Pontecagnano per piazzare un sindaco a loro gradito e connivente. Non solo. Per avere finanziamenti europei si sono anche inventati una start up inesistente per un impianto di cogenerazione a biomassa.
L'operazione è stata denominata Perseo. Ad eseguirla i carabinieri di Battipaglia coordinati dalla direzione distrettuale antimafia della procura di Salerno.Le indagini, condotte dal Sostituto Procuratore Marco Colamonaci, cominciate nel 2015, hanno accertato l’esistenza di un gruppo camorristico che operava a Sud di Salerno e che aveva in Enrico Bisogni, Sergio Bisogni e Francesco Mogavero i propri capi riconosciuti. Al termine di una indagine durata due anni (2015/2016) si è giunti alla richiesta di 16 misure cautelari, 14 in carcere, una ai domiciliari e una interdizione ad assumere incarichi direttivi per 12 mesi.
I reati. Associazione a delinquere di stampo camorristico (art. 416 bis c.p.), violenza privata ed attentato contro i diritti politici del cittadino aggravato dal metodo mafioso, e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Le mani sul Comune.
Pochi giorni prima del consiglio comunale convocato per il 31 maggio 2016 il clan mette in atto la sua strategia per “far fuori” il sindaco Ernesto Sica. La maggioranza è risicata, l'equilibrio politico già compromesso da una serie di contrasti che avevano condotto il primo cittadino ad effettuare un rimpasto solo due settimane prima con l'ingresso in giunta di Maria Rosalba De Vivo alla quale aveva affidato la delega al bilancio. Una nomina contestata dall'opposizione, a partire dal consigliere Antonio Anastasio che in quella occasione dichiarò: “Credo che Sica sia ormai alla frutta. Assegnare una delega al bilancio ad una persona che non è di Pontecagnano, non mi sembra una scelta giusta». Ma Anastasio non si limitò a criticare la scelta del sindaco. Il suo obiettivo, secondo gli inquirenti, era quello di far cadere l'amministrazione Sica.
E così alla vigilia del consiglio comunale del 31 maggio, seduta in cui si doveva approvare il bilancio, e un solo voto contrario avrebbe portato lo scioglimento del consiglio (circostanza confermata dal sindaco Ernesto Sica, interrogato) Antonio Anastasio ordinò al clan di andare a “convincere” Luigi Bellino, membro della maggioranza. Bellino fa parte del gruppo dei Moderati.
La prima volta Francesco Mogavero e Maurizio De Martino vanno sotto casa del consigliere, di sera. Lo minacciano. Gli dicono che deve passare all'opposizione. La seconda volta nel cantiere dove lavorava rinnovano l'avvertimento: il 31 maggio è meglio che non si presenti in aula se vuole evitare “spiacevoli” conseguenze. Ma Bellino denuncia tutto ai carabinieri.
Da quel momento inizia un attento servizio di osservazione. Bellino in quei giorni era scortato due volte. Da una parte Mogavero e i gemelli Bisogni, dall'altra i militari della compagnia di Battipaglia. “Quella sera del consiglio abbiamo potuto constatare che sul comune gli indagati avevano messo in atto un vero e proprio sistema di controllo parastatale – dichiara il capitano Erich Fasolino a capo della compagnia di Battipaglia – Due di loro si preoccupavano di “accompagnare” sindaco e consiglieri per tutto il percorso da casa fino al comune”. Un modo per dire: attenti a quello che fate, noi vi guardiamo. Una chiara intimidazione. Ancor più nei confronti del consigliere Bellino, l'uomo che avrebbe dovuto mettere in pratica il piano criminale in aula. Ma Bellino votò a favore del bilancio e quel giorno l'amministrazione Sica non è caduta. “Ci furono momenti di forte tensione tra gli indagati dopo l'approvazione del bilancio – continua Fasolino – lo abbiamo potuto appurare grazie alle intercettazioni”. Fallisce così il piano di Anastasio messo in atto con l'ausilio della camorra.
Ma chi è Antonio Anastasio e che rapporti intercorrono tra il consigliere di minoranza e l'organizzazione criminale dei Pecoraro Renna?
Ci sono aspetti di questa vicenda che restano ancora da chiarire. Anastasio, 46 anni, è finito in carcere, ma risponde solo del reato di violenza privata e attentato contro i diritti politici del cittadino, con l'aggravante del metodo mafioso.
Un imprenditore prestato alla politica con la passione dei casinò. Il suo profilo politico è piuttosto “trasversale”. Alle ultime provinciali Anastasio è risultato primo dei non eletti con una lista di Centro sinistra (Davvero al centro) ma alle ultime elezioni comunali di Pontecagnano si è candidato sindaco con il sostegno di Fratelli d'Italia e de La Destra. E' stato assessore ai lavori pubblici dal 2008 al 2009 e in questo periodo fu anche collaboratore della Presidenza della Commissione Finanze della Camera dei Deputati , oltre ad avere anche avuto le deleghe ai trasporti, mobilità e ambiente. Nell’ottobre 2010 è stato Vice Presidente dell’Aeroporto di Salerno spa Costa d’Amalfi fino a gennaio 2014. Sul profilo facebook si autodefinisce come “l'uomo del popolo per la sua capacità di comprendere i problemi della gente”. Il suo bisnonno fondò il primo stabilimento di lavorazione pomodori e il pastificio Anastasio & Co di Pontecagnano. Anastasio è anche coinvolto nell’inchiesta sul crac Antonio Amato. Due settimane fa, il pubblico ministero ha chiesto per Anastasio sei anni di carcere per aver gonfiato delle fatture a favore della Amato Spa. Nel 2005 Anastasio ha perso un milione e 121mila euro al tavolo verde del Casinò di Montecarlo, molto più che una passione che lo ha portato ad acquistare negli anni milioni di euro in gettoni e piastre.
La nota di Fratelli d'Italia. Subito dopo l'arresto il presidente regionale di Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale, Antonio Iannone ha inviato una nota stampa in cui si chiarisce che “il Consigliere Comunale di Pontecagnano-Faiano, Antonio Anastasio da anni non è iscritto a Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale”.
Le estorsioni, le bombe e la violenza.
L'operazione Pegaso ha di fatto decapitato il clan Pecoraro Renna a cominciare dal capo Francesco Mogavero che insieme ai “gemelli” Bisogni costringevano gli imprenditori della zona a sottostare alle loro richieste. Atti indimidatori caratterizzati da modalità efferate e violente nei confronti delle vittime.
Il 21 ottobre 2014 hanno fatto esplodere una bomba in un'agenzia di pratiche finanziarie di Campagna (Sa) perché i titolari non volevano concedere un finanziamento al clan.
Il 2 aprile 2015 il responsabile della logistica di un'azienda agricola di Pontegnano è stato aggredito con un bastone con tale violenza da subire la frattura della gamba perché l'azienda non aveva assegnato il trasporto della frutta all'agenzia di uno degli indagati.
Il 20 marzo del 2015 un imprenditore agricolo di Eboli è stato affiancato in auto dai deliquenti che gli hanno esploso contro quattro colpi di arma da fuoco.
Dal settore agricolo ai videogiochi fino alle imprese edili. Nello stesso periodo un imprenditore di Pontecagnano titolare di un'agenzia di scommesse e slot machine, ha ricevuto a casa una testa di maiale. Ad un altro veniva bruciato un escavatore dopo che già gli avevano vbruciato la macchina nel garage di casa a Salerno città.
E poi. Due bombe molotov lanciate contro un'auto in corsa guidata sempre da un imprenditore ortofrutticolo di Bellizzi. L'uomo è stato anche aggredito con una mazza ferrata sotto casa e infine pedinato fino a Paestum dove gli hanno incendiato l'auto.
Anche una giovane donna di Pellezzano, per motivi ancora da chiarire, è rimasta vittima di un attentato incendiario sulla propria auto il 6 luglio 2016, ma in questo caso gli inquirenti ritengono che gli indagati abbiano agito su mandato di un'altra persona che aveva pagato la somma di cento euro per lanciare un “avvertimento” alla ragazza.
La truffa sui fondi europei
Nell'operazione che ha portato all'esecuzione di 14 ordinanze cautelari, è coinvolta anche la moglie di Mogavero, ai domiciliari per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Avvalendosi della collaborazione di un consulente finanziario, già funzionario di banca (colpito dalla misura della restrizione agli arresti domiciliari), Francesco Mogavero riusciva ad ottenere l’erogazione di fondi europei per 250mila euro, stanziati dalla Regione Campania. Fondi che sarebbero dovuti servire alla realizzazione di un impianto di cogenerazione a biomassa legnosa. L’impianto non è mai stato messo in funzione: era stato infatti lasciato a San Mango Piemonte, sul piazzale adiacente un campo sportivo. Il Gip, a tal proposito, ha emesso un provvedimento di sequestro di 150mila euro, corrispondente alla prima trance di finanziamento già erogato. La somma restante, 100mila euro, è stata bloccata prima dell’erogazione, a seguito delle indagini compiute.
La punta dell'iceberg
Alla luce di quanto è emerso da questa indagine è possibile ipotizzare che questa sia solo la punta dell'iceberg. Il procuratore Erminio Rinaldi della Dda di Salerno non esclude che si possa trattare di un sistema ramificato sul territorio che potrebbe coinvolgere altre persone e altri ambiti di azione.
Le prove fin qui raccolte hanno consentito di intervenire oggi su 16 persone ma è chiaro che da questa inchiesta potrebbero nascere diversi spunti di indagine a partire proprio dalla figura di Anastasio, consigliere mandante di un delitto politico che puntava ad “eliminare” Ernesto Sica ricorrendo a metodi camorristici.
Il sindaco Sica (anche lui raggiunto da un avviso di garanzia soltanto due giorni fa con l'accusa di turbativa d'asta con l'aggravante camorristica) per il momento preferisce non commentare.
I nomi degli arrestati. Enrico e Sergio Bisogni, entrambi 49enni di Montecorvino Pugliano; il 38enne Francesco Mogavero di Pontecagnano, il 28enne Maurizio De Martino di Pontecagnano, il 40enne Sergio Rainone di Eboli, il 24enne Domenico Junior Vacchiano di Pontecagnano, il 28enne Gioacchino Verderame di Pontecagnano, il 41enne Antonio Fella di Salerno, il 32enne Vincenzo Caiafa di Campagna, il 35enne Emanuele Sessa di Campagna, il 30enne Francesco Sessa di Campagna, il 40enne Francesco Altieri di Eboli, il 38enne Antonino Madonna di Campagna. Agli arresti domiciliari è finito il 50enne Marcello Perrotta di Castelnuovo Cilento, mentre la 35enne Teresa Scalea di Pontecagnano è stata raggiunta dalla misura interdittiva del divieto di assumere incarichi direttivi presso le persone giuridiche e le imprese per 1 anno.