Il mondo stortoil commento di Claudio Mazzone

I morti di Bergamo e Brescia non parlano, restano in silenzio

Lo spettacolo trash di un Parlamento che ha violato ogni dignità anche quella delle vittime

i morti di bergamo e brescia non parlano restano in silenzio

Le aule parlamentari in una democrazia vera sono il luogo fondamentale della rappresentanza popolare, nel quale si riportano i conflitti della società per provare a trovare soluzioni condivise. 

Il Parlamento è stato invece trasformato, in questi anni, in un’appendice quasi inutile delle dirette Facebook.

Ieri in Senato, la camera parlamentare dove ci sono i politici più social del momento, da Renzi a Salvini, è andata in scena una commedia trash. 

Tra senatori in stato di agitazione che occupavano l’aula, manco fossero gli studenti del primo anno di un liceo. Tra rappresentanti di quella nuova destra nazionalista, che ha lo stesso odore della vecchia, che con le loro mascherine tricolori provavano, per l’ennesima volta, ad appropriarsi di un simbolo che invece è di tutti, senza neanche saperlo sfoggiare visto che molti avevano un tricolore invertito a coprirgli naso e bocca. 

Ieri in Senato c’è stato un dibattito che non aveva nulla al suo fondo se non le logiche e le dinamiche interne alla bolla politica e mediatica.  

Il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha continuato a confondere il messaggio, ha continuano a mostrare un’Italia che, in piena tempesta, naviga a vista. Lo stesso primo ministro che aveva detto che nessun italiano avrebbe perso il lavoro, oggi fa i conti con la realtà sulla pelle di chi non ha più aperto la sua attività e non ha ancora ricevuto un solo euro. Lo stesso primo ministro che aveva detto che ci saremmo riabbracciati presto, ora fa i conti con un’Italia che non sa neanche da dove ripartire figurarsi se sa tornare ad abbracciarsi. Lo stesso presidente del consiglio che aveva parlato di congiunti, oggi deve ancora capire e spiegare chi siano. Un governo che, in sostanza, continua a creare una serie consecutiva di pasticci che poi si trasformano in drammi, di comunicazioni incerte e ombrose che creano solo confusione.

Poi ci sono le parole inopportune, ingiustificabili e odiose di un ex presidente del Consiglio, che sembra invidiare chi oggi è al potere. Renzi è in aula, ha annunciato il suo intervento. Il suo continuo tentativo di rilanciarsi nella polemica politica, mostra quanto in cuor suo è dispiaciuto di non essere lui al governo in questo momento. Il senatore di Scandicci con una frase che non ha nulla di emozionale e tanto, tantissimo, di opportunistico, si arroga il diritto di parlare per chi non c’è più.

“La gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, - ha detto Renzi - se potesse parlare ci direbbe di ripartire”. Purtroppo le persone, e non la gente, di Bergamo e di Brescia non hanno potuto parlare neanche prima di morire, perché nessuno voleva ascoltare il loro grido. Sul loro dramma era già calato il silenzio, un silenzio che ha impedito di agire, di intervenire, di provare a sistemare prima le cose. Ora sulle immagini delle file di bare trasportate dai militari dovrebbe calare il silenzio rispettoso di tutti, soprattuto delle istituzioni.

Su quell'immagine profonda, dolorosa e indelebile si è schiantato un sistema, una nazione, non una parte ma tutta l’Italia, con le sue inefficienze e le sue incapacità, con i suoi interessi e suoi poteri forti, con i suoi governi deboli e i suoi politici chiacchieroni. Oggi quei morti meritano silenzio vero, un silenzio di rispetto, un silenzio che prova a chiedere perdono. 

Pensare invece che ieri in Senato, chi in questi anni ha guidato il Paese, ha tagliato la sanità, ha spinto su un modello di sviluppo che è tra le cause di ciò che stiamo vivendo oggi, piuttosto che ragionare sugli errori del passato, si sia permesso di parlare per chi non c’è più, è tremendo. Questa non è arroganza è incapacità di leggere la realtà, è insensibilità, è mancanza totale di umanità.

I morti di Brescia, di Bergamo, di Piacenza, di tutta Italia, sono vittime e non solo del virus. A loro è toccato il silenzio indifeso e isolato. A loro dobbiamo la memoria vera e collettiva che non può lasciare spazio a nessuna speculazione sulla loro sofferenza.

Quei morti non parlano e non gli dà voce nessun Renzi. La loro storia, il loro dolore, la loro solitudine ci mette davanti ad un’unica realtà che è quella del fallimento del nostro sistema, del nostro mondo malato, nel quale noi non possiamo continuare a vivere fingendo di essere sani.