Ogni tragedia è accompagnata da un circo mediatico e quello del coronavirus si è presentato diverso rispetto ai precedenti, con un continuo susseguirsi di dirette Facebook, tweet e post. Tutta comunicazione rigorosamente unidirezionali. C’è chi parla a ruota libera, senza domande e senza intoppi, e c’è chi spaventato ascolta.
Tra i campioni di questa comunicazione emerge sicuramente Vincenzo De Luca che, allenato dai suoi soliloqui su LiraTv, in questi giorni ha mostrato lo stesso smalto di un tempo. Il governatore campano è riuscito a raggiungere centinaia di migliaia di contatti e i suoi video vengono riproposti dalle televisioni asiatiche e da quelle statunitensi.
Poi c’è il Presidente del Consiglio Conte che, ben indirizzato da quel Rocco Casalino che porta ancora addosso i segni della prima quarantena mediatica nazionale che è stato il Grande Fratello, sembra averci preso gusto ad annunciare le sue dichiarazioni del sabato sera. In quella che era la notta delle follie, ora invece un Paese intero, tra pizze lievitate in casa e divani pieni, ascolta un premier che, con pochette o senza, annuncia strette aperture chiusure, rinvii, fondi e aiuti.
Ma i veri colpi di teatro sono arrivati dai sindaci, che in questa emergenza non avevano ancora svolto un ruolo decisivo nella gestione.
Antonio Tutolo, sindaco di Lucera, in provincia di Foggia, con le sue dirette e le sue ricette ha fatto conoscere all’Italia quel dialetto incomprensibile tipico della Capitanata.
Il sindaco di Boscoreale, Antonio Diplomatico, che con un video messaggio ha raggiunto una notorietà nazionale che mai avrebbe immaginato infilando in pochi minuti una serie infinita di gaffes che sono andate dal “coronarovirus” alle “fuck news”.
Ma sotto questa fitta schiera di riflettori non poteva mancare il sindaco di Napoli Luigi de Magistirs. Il primo cittadino “rivoluzionario”, inizialmente oscurato dal governatore e dai suoi lanciafiamme, ha provato per giorni a riprendersi un po’ di luce. Ieri ha aperto la giornata con un tweet: “Il Governo deve istituire immediatamente il reddito di quarantena”. In serata, il primo cittadino preso da un delirio di onnipotenza, ha rivendicato il decreto del governo che assegna i primi fondi alle persone più in difficoltò come un suo successo. Come se il suo tweet generico e senza alcuna indicazione, rappresentasse davvero il fondamento di quello che il governo aveva deciso. Come a dire che basta scrivere su Twitter una qualsiasi frase che poi si avvera. L’annuncio trasformato in cosa fatta, l’idea, per quanto vaga e irrealistica, venduta come soluzione concreta e dettagliata.
Il mondo è avvolto da una pandemia che sembra non lasciarci presto. I morti continuano ad aumentare, la sofferenza è reale e la politica continua a fare una gara a mettersi le stelline in petto e trovare il riflettore giusto per farle luccicare.
Sindaci, governatori, assessori, ministri… sembrano tutti in cerca di un protagonismo mediatico in un momento nel quale servirebbe impegno e silenzio.
Da questo circo mediatico del coronavirus, tanto nuovo perché disintermediato e diretto, a uscirne distrutta non è solo l’immagine di un Paese troppo vanitoso e diviso, ma la verità di un raconto collettivo che in mezzo a tutte queste voci e queste luci non si riesce più a raccontare.