Napoli-Fiorentina al Maradona non cominciava sotto i migliori auspici. L'Inter e il resto del mondo ce l'avevano messa tutta per portare sui partenopei la massima pressione possibile, i nerazzurri con una prova prima interlocutoria e poi via via più audace e determinata contro il Monza - una rimonta da 0 a 2 a 3 a 2, pur contro una squadra non di prima fascia, aveva un valore psicologico che andava ben oltre la semplice vittoria - e il resto del mondo conosciuto (che indicava a più non posso proprio gli azzurri come i più probabili candidati allo scudetto, contro ogni logica matematica e tecnica) al manifesto scopo di caricare sui "poveri" calciatori partenopei (già fragili di loro) la massima responsabilità possibile per le 11 sfide che mancavano da lì fino alla fine del campionato.
Lo stesso Antonio Conte non era stato da meno, allorché aveva sdoganato già da una settimana - subito dopo la bella prestazione del Napoli contro l'Inter - la parola scudetto dal suo fin ad allora reticente vocabolario. E non aveva fatto di meglio nella conferenza stampa che precedeva la sfida contro i gigliati, alla quale si era presentato scuro in volto e attribuendo la sua aria torva a quella che lui aveva chiamato "concentrazione".
Se una cosa occorreva al Napoli di là da venire (tanto più se voleva davvero provare a ottenere il massimo risultato da questo torneo) era la leggerezza, l'opposto della pesantezza, della gravità e forse perfino della serietà, cose che invece il bravo tecnico salentino aveva manifestato durante tutto il suo intervento davanti alle telecamere, ai microfoni, agli smartphone e ai taccuini dei giornalisti allo SSC Training Center di Castel Volturno Se finalmente Antonio Conte e la squadra da lui così brillantemente guidata se le volevano davvero giocare le 11 partite mancanti dovevano tirare fuori più che gli attributi - la famosa "cazzimma" di cui amano riempirsi la bocca addetti e neofiti - un po' di quella spensierata follia che aveva trasmesso loro (almeno ai 10 residuati bellici dello scudetto) Luciano Spalletti nell'anno della sua magica e del tutto imprevista vittoria. Quanto avessi ragione io in questa lunga premessa era testimoniato dalle occasioni avute dalla squadra azzurra e regolarmente sbagliate, chiunque fosse il protagonista del misfatto. È tempo che Antonio Conte riduca - lo ripeto - il peso non solo fisico ma soprattutto psicologico sui suoi calciatori. Questo è il segreto di un bravo capitano di lungo corso (speriamo lo sia!) affinché la sua nave raggiunga felicemente il porto e con tutto il suo prezioso carico intatto.