Ci capirò poco di calcio, ma a me il Napoli di Rudi Garcia ancora non piace né mi dà affidamento per il futuro.
Sarà di certo perché ho ancora negli occhi (e nel cuore) quello di Luciano Spalletti, con le sue repentine giravolte, verticalizzazioni e cambi di campo o con quel suo passo cadenzato e inesorabile che era solito adottare quando gli prendeva l'inusitata voglia di regalità e vanagloria, propria delle grandi squadre quando non vogliono solo vincere ma anche asfaltare l'avversario. Certo è che vedere l'ultima in classifica che tiene sulle spine (pur senza alcuna particolare pericolosità) una delle più belle compagini calcistiche europee degli ultimi venti anni - almeno fino a qualche mese fa - dà da pensare sul significato e il valore della guida tecnica e morale di un team, nel calcio come in ogni sport di gruppo. E rende conto del fatto che il tecnico francese prescelto - temo improvvidamente - da Aurelio De Laurentiis per il dopo Spalletti non sembra costituirne una valida alternativa ovvero un sufficiente fattore di continuità o, meglio ancora, di rinnovamento. Sarà forse perchè, come ha detto Paolo Del Genio, il nuovo allenatore azzurro sembra tecnicamente fermo alla preistoria del calcio né pare intento a studiare (e applicare) nulla di più dell'ordinario o dell'usato sicuro. Insomma, non sembra possedere niente che possa servire ai partenopei per aprire un ciclo o, quantomeno, per non perdere terreno dalle prime della classe, almeno in Italia.
In Europa il Napoli di oggi è, infatti, anni luce dalle squadre che contano. Ma c'è di più e, almeno in questo caso, non ha nulla a che fare con i limiti tecnici e caratteriali dell'ex tecnico della Roma. Alcuni dei giocatori chiave della vittoria dello scudetto dello scorso campionato - segnatamente Osimhen - non hanno ancora rinnovato né accennano a farlo. Discorso diverso per Kvaratskhelia che, viste le cifre che circolavano sul conto del nigeriano, ha provato ad accodarsi pur avendo una scadenza all'incirca nel terzo millennio.
Un'operazione furba e, giustamente, infruttuosa, che ho paura possa aver comunque lasciato qualche malumore nel georgiano (spero non nella squadra). Una nota di demerito per il presidente e per il suo staff è, invece, la posizione irrisolta di Piotr Zielinski, che ha rinunciato a tanti soldi, ha professato amore eterno a Napoli e al Napoli, si è abbassato lo stipendio e, per tutta risposta, ha avuto solo silenzi e attese. Non un bell'esempio per nessuno, dentro e fuori la squadra azzurra.