Violenta aggressione nel centro penitenziario di Secondigliano, a Napoli, dove un agente di polizia penitenziaria è stato aggredito da un detenuto, presso la IV sezione infermeria: "Il collega è stato picchiato e tagliato al collo con un oggetto di metallo da un detenuto con problemi psichiatrici. Motivo? Una videochiamata straordinaria non autorizzata dal direttore".
Lo denuncia il sindacato autonomo polizia penitenziaria, per voce dei dirigenti Raffaele Munno e Donato Vaia, secondo i quali “il detenuto non dovrebbe stare ubicato in infermeria ma alla salute mentale”, aggiungendo che “l’Agente è stato portato in ospedale per le cure del caso”.
Il sindacato autonomo polizia penitenziaria tornna a puntare il dito su chi, fino ad oggi, non ha fatto nulla per trovare “una soluzione alle scelta folle e sconsiderata di chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari”, sollecitata anni dal Sappe anche alla luce delle numerose aggressioni subìte dai baschi azzurri.
Donato Capece, segretario generale del sindacato, ricorda che “il Sappe denuncia da tempo che le carceri sono diventate un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto, nel passato, che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria.
Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene come anche prevedere la riapertura degli ospedali psichiatrici giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinari".
Il sindacalista torna a sollecitare più tecnologia e più investimenti per il sistema carcere: “la situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della polizia penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose. I decreti svuota-carceri, che più di qualcuno continua ad invocare ad ogni piè sospinto, da soli non servono: serve una riforma strutturale dell’esecuzione, serve il taser per potersi difendere dai detenuti violenti e la dotazione di body-cam”.
“Il disagio mentale, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, è stato riversato nelle carceri, dove non ci sono persone preparate per gestire queste problematiche, mancano strutture adeguate e protocolli operativi”, evidenzia. “La polizia penitenziaria non ce la fa più a gestire questa situazione e nei prossimi giorni valuterà se indire lo stato di agitazione.
L’effetto che produce la presenza di soggetti psichiatrici è causa di una serie di eventi critici che inficiano la sicurezza dell’istituto oltre all’incolumità del poliziotto penitenziario. Queste sono anche le conseguenze di una politica miope ed improvvisata, che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una valida soluzione su dove mettere chi li affollava.
Gli Opg devono riaprire, meglio strutturati e meglio organizzati, ma devono di nuovo essere operativi per contenere questa fascia particolare di detenuti”.
“Quel che servono sono fatti concreti”, conclude Capece: “delle dichiarazioni di intenti i poliziotti penitenziari, che in carcere lavorano nella prima linea delle sezioni detentive h24, non sanno che farsene”.