Ballerina uccisa. "L'ex fa affari mentre Alessandra è morta"

La denuncia della madre di Alessandra Madonna

Mugnano di Napoli.  

Vivrebbe come un uomo libero, pubblicizzando e forse addirittura vendendo prodotti su internet. È questa la denuncia che la madre di Alessandra Madonna ha presentato ai carabinieri di Mugnano contro Gennaro Varriale, l'ex della ragazza, condannato per il suo omicidio. Secondo Olimpia Cacace, la madre della 24enne, trascinata dall'auto dell'ex a Mugnano (Napoli) nel 2017, Varriale, tramite la pagina Facebook attivata insieme ad Alessandra e poi oscurata dopo la sua morte, pubblicizzerebbe orologi, cappelli, occhiali e altri accessori. Inoltre, la madre della 24enne contesta un nuovo tatuaggio che Varriale si sarebbe fatto di recente, e chiede ai carabinieri se sia stato autorizzato. "È ai domiciliari, ma vive come se fosse un uomo libero" è la conclusione di Olimpia Cacace.

Variare è stato condannato in Appello a otto anni e due mesi per omicidio preterintenzionale. Proprio nel paese del napoletano nella notte tra il 7 e l’8 settembre del 2017 Alessandra perse la vita. La bellissima ballerina venne travolta e uccisa dall’auto guidata da Giuseppe. Secondo la donna la pagina «93 street» del ragazzo, è facilmente raggiungibile su Facebook. Quella pagina venne aperta dai due ragazzi, prima che Alessandra morisse, quando stavano ancora insieme ed erano felicemente innamorati. Si tratta di un profilo dedicato all’e-commerce, che venne chiusa dopo la morte della ragazza.

I parenti di Alessandra accusarono Varriale di fare affari, postando foto di orologi, cappelli, occhiali e gadget di vario genere accanto a quelle della giovane vittima. La madre di Alessandra, Olimpia ora denuncia che la pagina è nuovamente visibile e che si continuerebbero a postare foto di oggetti da vendere.

Ma tra le prescrizioni imposte dalla condanna ci sarebbe proprio quella di non interagire con l’esterno attraverso i social network. Ma l’avvocato Pomponio difensore di Giuseppe Varriale ci va cauto e precisa come prima di parlare di violazione di obblighi e prescrizioni del tribunale, bisognerebbe avere la certezza che a compierle sia stato proprio il suo assistito. Secondo il legale potrebbero essere stati i genitori del ragazzo a  rilevare o riattivare loro la pagina «93 street».