Condannato piromane del Vesuvio: appiccò fuoco e lo contemplò

Si tratta del 25enne accusato di aver appiccato uno dei roghi che hanno devastato il Gran Cono

Avrebbe persino rischiato di incendiare la sua abitazione, che venne lambita dalle fiamme durante quei drammatici giorni d’inferno.

Torre del Greco.  

 

di Simonetta Ieppariello

 

Sentenza lampo per Leonardo O., accusato di essere il “piromane” del Vesuvio e per questo condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione. 

Alla richiesta del pm, che era stata anche più severa, il 24enne di Torre del Greco è scoppiato in lacrime.  Già noto alle forze dell’ordine, fu raggiunto a fine agosto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, ritenuto dagli inquirenti l’autore dell’incendio che ha distrutto una vasta area del Parco nazionale del Vesuvio. 

La dinamica

Era la notte tra il 13 e il 14 luglio scorsi, quando – già in piena emergenza incendi – Leonardo O. avrebbe appiccato il fuoco vicino alla pineta di via Sopra ai Camaldoli, nella zona alta di Torre del Greco, proprio alle falde del Vesuvio. LO fece, secondo l’accusa con un accendino che aveva trovato su un muretto non molto distante.

In pochi minuti le fiamme sono diventate alte e indomabili, spinte dal vento caldo di quei giorni. Il rogo divampò subito, sempre più vasto con lingue di fuoco alte e indomabili.

Lo stesso Leonardo O. fu tra i primi a dare l’allarme e a chiedere di allertare i soccorsi, e anche a partecipare alle operazioni di spegnimento, ma «senza molta convinzione» sostiene l’accusa secondo alcune testimonianze.

Ad incastrarlo ci sono anche delle conversazioni telefoniche tra sua zia ed altri parenti. «Ha appiccato le fiamme vicino alla veranda di casa e avrebbe potuto uccidere anche la madre».

Avrebbe detto la donna. Non ci sono dubbi che il 25enne Leonardo O. sia il responsabile dell’incendio che ha distrutto circa un ettaro di vegetazione all’interno del Parco del Vesuvio, a Torre del Greco, la scorsa estate. Per questo motivo, il gup del tribunale di Torre Annunziata, Antonio Fiorentino, ha accolto la tesi dell’accusa – rappresentata in aula dalla pm Antonella Lauri – ed ha condannato il giovane macellaio piromane a quattro anni e mezzo di reclusione.

Leonardo ha pianto i aula. Ha voluto rendere delle dichiarazioni volontarie in sua difesa. Tutto inutile il Gup ha accolto la tesi dell’accusa. «Non sono un mostro, non sono un piromane. Non sarei stato capace di fare del male alla mia famiglia. Non avrei mai fatto una cosa del genere».

Ma ad incastrarlo c’erano le conversazioni tra la zia e altri parenti. La donna, al telefono, era preoccupata delle cattiva influenza del 25enne sul figlio 15enne. «Lui stava lì e osservava le fiamme divampare» raccontava la zia. «È stato quello scemo di Leonardo, poteva uccidere la madre» diceva la donna, ignara che il suo telefono fosse intercettato dalle forze dell’ordine per altre vicende, tuttora secretate.

La difesa

Secondo il suo avvocato Giuseppe Rizzo a processo ci sarebbe la persona sbagliata e Leonardo starebbe funzionando da capro espiatorio.

L’accusa aveva chiesto cinque anni e quattro mesi di reclusione, pur essendo stato scelto il rito abbreviato che prevede lo sconto di un terzo sulla pena finale. Si è costituito parte civile solo il Comune di Ottaviano, ammesso al risarcimento in separata sede. Assenti Ente Parco e Comune di Torre del Greco. Era andata, invece, molto peggio al 60enne di Vico Equense condannato un mese fa per l’incendio appiccato sul monte Faito. Per il piromane ex volontario antincendi, sempre in abbreviato, era arrivata la condanna a sei anni e due mesi di reclusione. In quel momento il Faito era stato risparmiato dalle fiamme e quel rogo durò settimane, distruggendo diversi ettari di vegetazione.

Le indagini

Ma ci sono almeno altri dieci fronti di fuoco da capire, studiare, per i quali trovare dei colpevoli. Indagano tre procure per accertare la verità. Dietro l’ombra inquietante del flusso dei soldi a cui avrebbero mirato i colpevoli, quelli per gestire l’emergenza.