di Luciano Trapanese
Per carità, i carabinieri hanno fatto bene a intervenire. Non si sa mai. Se uno inneggia all'Isis sui social network, pubblica video di decapitazioni, e nel frattempo trova anche il tempo di inneggiare al super latitante della mafia, Matteo Messina Denaro, oltre a numerosi camorristi locali, dai Fabbrocino a Biagio Cava, come minimo deve essere definito sospetto. E se poi a casa gli vengono trovate 146 micce, inneschi e congegni elettronici telecomandati. Beh, quei sospetti non diventano certezze, ma quasi.
Che poi Diego Oddati Menna, 30 anni, è conosciuto a San Gennaro Vesuviano come un tipo bizzarro (nella foto in alto la sua cameretta, con i “santini” dei boss e la trapunta con il coniglietto). Uno un po' “fissato” con il mondo del crimine, dai terroristi ai capiclan, ma del tutto innocuo. Insomma, uno un po' svitato. Fuori dal comune, ma meno pericoloso di un bambino armato di lecca lecca.
Dicevamo, i carabinieri hanno fatto bene a intervenire. Soprattutto per quei post sui social (che hanno lasciato ipotizzare il gravissimo reato di apologia del terrorismo). Ma – ora si può dire – non è stato preso un estremista. E neppure un camorrista (il servizio del nostro Rocco Fatibene lo dimostra in modo palese).
Perché ne parliamo? Semplice, dopo aver appurato la distanza che separa questo giovane sghembo del vesuviano dalla guerra islamica, ci sono sembrati davvero imbarazzanti i complimenti immediati arrivati dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Che commentando l'arresto ha dichiarato: «Segna la strada della prevenzione, in cui noi crediamo e che portiamo avanti nella convinzione che occorre fare tutto il possibile per abbassare il livello di rischio nel nostro Paese, ben sapendo che non esiste il rischio zero».
Siamo tutti d'accordo, caro ministro. Ma prima di lasciarsi andare in entusiastici proclami, servirebbe prima vedere bene se il “sospetto” (giustamente fermato dai carabinieri), è poi davvero “sospetto”, o è soltanto un personaggio, diciamo, esuberante.
Gli inneschi e il materiale esplodente detenuto dal 30enne, non servivano per gli attentati. Proprio no. Ma per alimentare una passione della quale tutti sono a conoscenza in paese: i fuochi di artificio. Il giovane si reca in montagna e dà libero sfogo al suo insolito hobby. Da anni.
Ma le cose insolite del presunto terrorista sono tante. A partire da quell'amore viscerale verso i personaggi più noti della malavita organizzata. Locale, e non solo. A casa sono state trovate le foto di decine di boss. In alcune immagini il 30enne aveva anche lavorato con qualche programma di fotoritocco, inserendosi accanto a questo o a quel capoclan. Tutte immagini mostrate con una certa soddisfazione ai compaesani. Che a volte facevano finta di credergli e in altre occasioni lo mandavano da qualche parte.
Niente a che vedere con l'Isis. Anche per il gip, che ha tenuto dentro il 30enne. Ma solo per il materiale esplodente, comunque pericoloso. Eliminando, per ovvi motivi, l'ipotesi di apologia del terrorismo.
Quei complimenti di Alfano, evidentemente disseminati in ogni dove quando si respira anche solo l'odore di un possibile terrorista, fanno sorridere. Ma anche riflettere. Pur di dimostrare che il governo è attento sulla lotta all'Isis, si mette il cappello su qualsiasi operazione. Anche quella che porta all'arresto di un ragazzo strano e innocuo, ma con la passione esibita per gli eroi del male, fossero loro camorristi o terroristi incappucciati.