Le parole finali di Joe Biden che valgono tutte le precedenti

Quando sono decisive e sentite, più umili che solenni, sembrano connotarci più di tutte...

le parole finali di joe biden che valgono tutte le precedenti
Napoli.  

Le parole hanno un valore inestimabile. Sono la prima vera fonte di relazione sociale che possediamo. Talvolta le pronunciamo ancora prima di cominciare a camminare. Senza di esse nessun genitore saprebbe di essere stato riconosciuto, nessun figlio di essere stato desiderato e amato. Col passare del tempo diventano tracce per tornare verso casa o per cercare altrove la nostra felicità. Nessuna è stata pensata a caso, nessuna vale meno di un'altra. Ognuna si muove con uno scopo, ognuna ci riporta verso il fine ultimo, che è quello di collocarci in un contesto, crearci lo spazio per vivere e prosperare con le nostre idee, i nostri valori e i nostri sentimenti, ovvero allontanarci dal tessuto sociale, oscurare i nostri bisogni e i nostri sogni per essere ora pensatori, ora eremiti e ora folli. La loro omissione, infatti, può connotarci tanto quanto la loro fluida dispensazione al mondo prossimo o remoto.

Talvolta - e più di quanto immaginiamo - non contano quelle che abbiamo pronunciato per anni o addirittura per una vita, ma quelle che usiamo alla fine di un compito, di un libro, di un atto teatrale, di un'impresa, di un lungo e assorto silenzio. Queste cessioni verbali conclusive di una panorama interiore variegato (prezioso o meno che sia, escluso alla vista o vagamente scorto negli anni avuti a disposizione) possono essere profluvi e sproloqui, oppure balbetii aridi e sincopati, perfino singulti gutturali (come si fosse ancora i bambini che eravamo stati).

Resta il fatto che, quando sono decisive e sentite, più umili che solenni, sembrano connotarci più di tutte quelle pronunciate in antefatto. Un po' come accade quando un libro o un film, ancor più se mediocre, si riscatta con le sue ultime espressioni scritte o enunciate, la pausa che precede la rivelazione, la magica congiunzione di vocali e consonanti prima della parola fine. È accaduto più o meno questo al 46° presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, nel suo non breve ma neanche comiziale discorso di commiato dalla Casa Bianca. La sue parole, pronunciate nello Studio Ovale, in presenza delle persone a lui più care, ora sul piano affettivo e ora su quello politico, sono risuonate ferme, taglienti e apodittiche, eppure ragionevoli, nobili, dolenti e preoccupate: passato e futuro congiunti da un presente segnato dalle tinte fosche di un'umanità mai così fragile e da un addio personale che potrebbe valere molto di più di un semplice abbandono della scena politica.

Quelle parole, appena diffuse da tutti i media internazionali, già pesano su di lui, sui suoi cari, sul suo paese e, forse, su tutto il genere umano. Rileggetele con attenzione, contengono molti degli interrogativi fondanti dell'uomo di domani, le sfide che peseranno su quello che saremo o semplicemente appariremo. E se non sapranno trasferirvi anche la tenerezza della mano di Jill Biden in quella di Kamala Harris è solo perché non tutte le parole conclusive - anche le più potenti, affabulanti, evocative, nitide e intriganti - possono sostituire le immagini, non tutte sanno equivalere a istantanee di attimi profondi e (per vezzo) eterni che come gli addii sfumano, non tutte riescono a impressionare sulla loro pellicola immaginaria (per quanto vi aspirino) il meraviglioso grandangolo della vita.

Così - quelle di Joe Biden - non ci resta che portarle con noi, monito morale (questo si imperituro) per l'essere comune e il fine intellettuale, il politico e l'uomo della strada, chi è vicino a Dio e chi gli è diametralmente opposto, il disilluso che declina e l'audace che sorge.