"Come ha evidenziato Antonio Tajani, in occasione della sua permanenza a Trivigliano, presso la “Comunità in dialogo”, dove da oltre trent’anni trascorre la Vigilia di Natale, “per risolvere il problema delle carceri dovremmo far scontare la pena ai giovani tossicodipendenti in comunità, affinché la pena serva a recuperare la persona.
Un luogo di speranza, dove si recuperano alla vita coloro che si sono persi a causa della droga e delle dipendenze”, perché come ha affermato sempre Antonio Tajani, “la politica sia sempre più vicina a chi soffre ed a chi ha bisogno”.
Una valutazione che invita ad attardarsi con gli istituti penitenziari, sui soggetti affetti da disturbo mentale e sulla povertà educativa. “Chi riceve diagnosi di tossicodipendenza - evidenzia Leone Melillo - già oggi viene avviato dal Serd intramurario ad un percorso comunitario, stessa cosa dicasi per i soggetti affetti da disturbo mentale, attraverso i percorsi terapeutico riabilitativi Individuali, che i servizi psichiatrici territoriali - Csm -, sarebbero tenuti a garantire, come la presa in carico”.
“A causa del fallimento della salute mentale territoriale e dei Serd, che non si sono adeguati al cambiamento, a fronte di una cronica carenza di posti letto, si stanno riempiendo le carceri. Pertanto, la possibilità di “sperimentare” soggetti affetti da disturbi mentali e/o tossicodipendenti, non rappresenta una novità nel panorama normativo, essendo possibile da molti decenni, ma tutto viene subordinato in primo luogo alla diagnosi e poi alle risorse. Proposte che restano teoriche, perché la pratica non è conseguenziale.
Per esempio, la maggior parte dei tossicodipendenti non si rivolgono al Serd territoriale, oppure lo contattano, ma spesso senza frequentarlo assiduamente, il che vuol dire non ottenere lo status di "presa in carico".
Senza la presa in carico del Serd, senza una “documentata positività” nel tempo ai test tossicologici, senza una dichiarazione all’ingresso della tossicodipendenza, che comporta la sottoposizione al test tossicologico, anche chi ha una lunga storia di tossicodipendenza non otterrà l’attualità della diagnosi e quindi non sarà seguito dal Serd intramurario, né potrà essere “sperimentato in comunità”. In salute mentale e nel settore delle tossicodipendenze lo “zoccolo duro” restano quei soggetti - irriducibili - che stanno talmente male da non riconoscere nemmeno il bisogno di cure, per cui su di loro si interviene solo in urgenza o in emergenza, ragion per cui si cronicizzano, rendendosi responsabili di situazioni di allarme sociale, con grave pericolo per sé stessi e gli altri.
Spesso - evidenzia ancora Leone Melillo - il sovraffollamento è dovuto anche a quei soggetti con una “misura di sicurezza definitiva” che non dovrebbero permanere in una casa circondariale. Altra questione, la stragrande maggioranza dei soggetti “sperimentati in una misura di sicurezza alternativa al carcere” (dagli arresti domiciliari alla comunità terapeutica), fallisce e ritorna in carcere. Intanto, gli Istituti Penitenziari sono stati destinati ad accogliere soggetti fragili, per le più disparate ragioni, in assenza di investimenti adeguati, mezzi strumenti e soprattutto in assenza di un personale sanitario e penitenziario in grado di gestire tale complessità”.
Riflessioni che Leone Melillo ha condiviso, recentemente, con il Senatore Andrea Ostellari ed a Tirana, con Xheladin Dracini, magnifico rettore della locale Università di Medicina, con cui “sono state discusse collaborazioni e progetti di ricerca futuri, sottolineando in particolare l’importanza del ruolo della psichiatria nel controllo e garanzia dei diritti umani”.
Temi di ricerca che investono anche la “povertà educativa”, perché come ha evidenziato Elodie Di Patrizi – ambasciatrice di Save the Children è fondamentale far crescere “adulti più liberi, sicuri di se stessi e felici”.