In piazza Plebiscito per la manifestazione organizzata in 60 piazze italiane dal comitato "Priorità alla Scuola" per chiedere la riapertura delle scuole in presenza e in sicurezza di tutte le scuole, dai nidi alle università, a tempo pieno, si vedono le facce di sempre,
I volti, quelli che ci sono, sono gli stessi dunque che il 22 maggio scorso organizzarono nella stessa piazza un flash mob per esprimere solidarietà all’insegnante Rosa Maria Dell'Aria sospesa per 15 giorni dall’insegnamento per omesso controllo su una ricerca dei suoi studenti in cui si tracciava un parallelo fra le leggi razziali del 1938 e il decreto sicurezza e immigrazione del 2018.
Non si respira la rabbia sociale che si avverte nelle altre piazze e sembra davvero che la scuola sia stata dimenticata.
Tra le bandiere degli autonomi si intravedono quelle della UIL scuola che vengono però fatte ammainare perché “non si vogliono simboli”.
Intanto la piazza diventa meno vuota con l’arrivo del furgoncino con le casse e la musica che segue le manifestazioni del gruppo degli antagonisti che fa capo a “Potere al Popolo”.
“Siamo scesi in piazza già il 23 maggio con i bambini e i ragazzi per far vedere la scuola che vogliamo. Oggi siamo tornati in piazza per essere più duri rispetto alle prospettive del prossimo anno scolastico - ci ha detto Roberta Moscarelli della Rete Scuola e Bambini nell'emergenza Covid-19 - Non riteniamo assolutamente accettabili le linee guide del ministero, non c’è un piano di risorse straordinario per la scuola, sembra che la pandemia resti sullo sfondo. Invece utilizzare quest’occasione per rilanciare la scuole che è un diritto fondamentale per tutti, lo si usa per tagliare. Avrei meno tempo scuola, meno risorse, una didattica ibrida e mista, e verranno sempre più in luce delle diseguaglianze territoriali”.
Nella piazza si sentono gli slogan contro gli speculatori, contro i tagli, contro la didattica a distanza. I bambini con gli insegnati preparano l’albero della scuola, una serie di striscioni che riportano i valori e le precondizioni della scuola italiana.
Da piazza Plebiscito, a prescindere dal numero esiguo di partecipanti, si alza comunque un grido di bisogno, che non è tanto quello degli insegnanti e del personale scolastico ma quello della scuola intesa come luogo fisico dove si formano le coscienze dei cittadini. Chiudere le scuole è stato un dovere, non riaprirle e non avere programmi seri e concreti per trasformarle sarebbe un delitto.