Si è ripetuto il miracolo di San Gennaro. Ad annunciarlo è stato, alle 19:04, l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe. "Un segno di predilezione e benevolenza nel tempo del coronavirus per la nostra Campania e per l'Italia intera" ha detto Sepe.
Il Duomo deserto, a causa delle norme per contenere il contagio, è stata la scenografia surreale al miracolo del santo patrono della città. All’apertura della cassaforte il sangue di San Gennaro era già sciolto. Alla cerimonia era presente anche il sindaco, Luigi de Magistris.
Per ritrovare un miracolo di maggio senza la tradizionale processione che dal Duomo si dirige alla basilica di Santa Chiara bisogna tornare indietro al 1943. A ricordare è stato l'abate del Tesoro di San Gennaro, mons. Vincenzo De Gregorio. Nel suo ruolo di abate De Gregorio ha il compito di annotare ciò che avviene durante le funzioni del miracolo che si ripete ogni anno a settembre, a dicembre e a maggio. Una cerimonia del tutto diversa rispetto al passato non erano infatti presenti neanche le "parenti dai San Gennaro”, le fedeli che, 'vantando' una parentela con il giovane vescovo martirizzato a Pozzuoli, invocano con le preghiere il ripetersi del prodigio.
Nel 1943 la processione delle statue attraversò il centro storico ma la funzione non si svolse nella basilica di Santa Chiara che era stata danneggiata dai bombardamenti, ma nella chiesa del Gesù nuovo che è proprio a pochi metri nella stessa piazza.
"Oggi, nella drammatica situazione del nostro Paese - ha detto nell’omelia Sepe - Napoli, come il suo Patrono, sta dando ancora una volta il meglio di se stessa. Si vanno moltiplicando le iniziative di sostegno per chi è in difficoltà, si assicura a tantissimi un cesto di viveri, un piatto caldo, un sorriso di incoraggiamento. C'è una folla di volontari, veri 'santi della porta accanto’, che ogni giorno moltiplicano le loro iniziative e coinvolgono un numero crescente di persone disponibili, in modo che nessuno resti digiuno. E commuove anche l'immagine di un cesto calato da un anonimo balcone con l'indicazione: chi può metta, chi non può prenda. A tutti costoro e soprattutto al personale sanitario che si sta prodigando nella cura dei contagiati con grande umanità ed estrema abnegazione fino al sacrificio della propria vita, vanno gratitudine, vicinanza e sostegno. Dobbiamo conquistare e affermare il diritto alla speranza. Il Signore ci è vicino, sempre. Grazie a lui ci è dato 'sperare contro ogni speranza'. Una speranza che deve diventare però una categoria politica per ricostruire in sicurezza la nostra convivenza sociale con l’operosità fattiva e responsabile di tutti noi. Chiedo a ognuno un supplemento di impegno. Per essere all’altezza della nostra tradizione, per sentirci in sintonia con Papa Francesco, per riconoscerci devoti di un Santo che mise in gioco la propria vita per un atto di solidarietà”.